Chi m'ha visto
2017
Paese
Italia
Genere
Commedia
Durata
105 min.
Formato
Colore
Regista
Alessandro Pondi
Attori
Giuseppe Fiorello
Pierfrancesco Favino
Dino Abbrescia
Sabrina Impacciatore
Mariela Garriga
Martino Piccione (Giuseppe Fiorello) è un chitarrista che ha sempre suonato sul palco con big della musica italiana senza mai ottenere, tuttavia, la ribalta di un successo personale. Stanco e frustrato dalla sua vita da musicista spiantato e precario, condannato al dietro le quinte da assoluto comprimario, per attirare su di sé i riflettori e provare il brivido della fama decide, con la complicità dell'amico di sempre Peppino Quaglia (Pierfrancesco Favino), di organizzare la propria sparizione: non farsi più vedere da nessuno per far sì che tutti parlino di lui...
Beppe Fiorello produce e interpreta questa insolita commedia su un rocker di secondo piano, costretto a convivere col grigiore e l'insoddisfazione di un'ambizione che non ha mai trovato degno sfogo: Piccione vorrebbe trovare la sua strada come solista, imporre la musica diversa e innovativa che ha nella testa e che ha riversato su un album uscito da oltre un anno ma ancora senza successo. Nessuno, dal suo manager - un impomatato e viscido Dino Abbrescia - ai suoi compaesani di un piccolo centro dell'entroterra pugliese, sembra dargli il credito che merita, trattandolo alla stregua del fallito velleitario, da canzonare e prendere in giro come si fa col più ingenuo dei sognatori. Quello del regista Alessandro Pondi, anche autore della sceneggiatura insieme a Fiorello, è un tentativo di aggiornare la commedia di costume della tradizione del cinema italiano alla dittatura della visibilità 2.0, dove la risonanza di un talento si misura solo e soltanto in rapporto al numero di like e al chiacchiericcio mediatico che è in grado di generare. Un terreno di confronto stimolante, specie per la media del cinema italiano più leggero e scanzonato, quasi mai voglioso di calarsi nel presente con cognizione di causa, ma risolto in maniera troppo spesso grossolana. Se l'intesa tra Fiorello e Favino e la loro alchimia comica sono gradevolmente e sufficientemente rodate, a lasciare più perplessi è la grossolana raffigurazione di un Sud Italia che non va oltre il bozzetto di grana grossissima. In tal senso non ci si fa mancare davvero nulla, con un gusto per l'eccesso, meglio se macchiettistico ed esotico: dal prete ispanico all'immancabile prostituta redenta, passando per gli intermezzi da bar e per tanti sketch buttati là, la scrittura comica si dimostra eccessivamente trita e satura di sbavatura. Il dialetto pugliese di Fiorello è piuttosto posticcio e rivedibile, mentre la metamorfosi meridionale di Favino, grezzo sciupafemmine, convince, pur con qualche deriva, e strappa la maggior parte delle risate.
Beppe Fiorello produce e interpreta questa insolita commedia su un rocker di secondo piano, costretto a convivere col grigiore e l'insoddisfazione di un'ambizione che non ha mai trovato degno sfogo: Piccione vorrebbe trovare la sua strada come solista, imporre la musica diversa e innovativa che ha nella testa e che ha riversato su un album uscito da oltre un anno ma ancora senza successo. Nessuno, dal suo manager - un impomatato e viscido Dino Abbrescia - ai suoi compaesani di un piccolo centro dell'entroterra pugliese, sembra dargli il credito che merita, trattandolo alla stregua del fallito velleitario, da canzonare e prendere in giro come si fa col più ingenuo dei sognatori. Quello del regista Alessandro Pondi, anche autore della sceneggiatura insieme a Fiorello, è un tentativo di aggiornare la commedia di costume della tradizione del cinema italiano alla dittatura della visibilità 2.0, dove la risonanza di un talento si misura solo e soltanto in rapporto al numero di like e al chiacchiericcio mediatico che è in grado di generare. Un terreno di confronto stimolante, specie per la media del cinema italiano più leggero e scanzonato, quasi mai voglioso di calarsi nel presente con cognizione di causa, ma risolto in maniera troppo spesso grossolana. Se l'intesa tra Fiorello e Favino e la loro alchimia comica sono gradevolmente e sufficientemente rodate, a lasciare più perplessi è la grossolana raffigurazione di un Sud Italia che non va oltre il bozzetto di grana grossissima. In tal senso non ci si fa mancare davvero nulla, con un gusto per l'eccesso, meglio se macchiettistico ed esotico: dal prete ispanico all'immancabile prostituta redenta, passando per gli intermezzi da bar e per tanti sketch buttati là, la scrittura comica si dimostra eccessivamente trita e satura di sbavatura. Il dialetto pugliese di Fiorello è piuttosto posticcio e rivedibile, mentre la metamorfosi meridionale di Favino, grezzo sciupafemmine, convince, pur con qualche deriva, e strappa la maggior parte delle risate.
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