La chiave
1983
Paese
Italia
Generi
Erotico, Drammatico
Durata
116 min.
Formato
Colore
Regista
Tinto Brass
Attori
Stefania Sandrelli
Frank Finlay
Franco Branciaroli
Barbara Cupisti
Maria Grazia Bon
Gino Cavalieri
Venezia, vigilia del Secondo conflitto mondiale. Il professor Rolfe (Frank Finlay) lascia incustodito il suo diario segreto, dove confessa i suoi sogni più torbidi. Il manoscritto viene ritrovato dalla moglie Teresa (Stefania Sandrelli), la quale decide di tenerne uno dedicato alla cronaca della sua lussuria. Vive infatti una relazione con Laszlo (Franco Branciaroli), amante della figlia Lisa (Barbara Cupisti).
Ispirato al romanzo omonimo di Jun'ichirō Tanizaki del 1956, La chiave è non solo uno dei più importanti successi di Tinto Brass, ma anche un'opera paradigmatica per intendere la seconda parte della sua carriera, che dopo questo film (e in parte il precedente Io, Caligola, 1979) avrebbe interamente compreso solo lungometraggi di impianto gustosamente voyeuristico e softcore. Peccato che, nella cornice di una Venezia fascista, si muova una vicenda intricata e combinatoria di legami familiari sgangherati e morbosi, mossi nell'orizzonte di una prurigine “scabrosa” a ogni costo. Il film è ambizioso e pedante: Brass, anche autore di sceneggiatura e montaggio, vorrebbe raccontare lussurie e tradimenti in maniera ficcante e audace, ma finisce presto per sconfinare nel pittoresco, affidandosi a personaggi-macchiette e risvolti di desolante sciatteria. Fu un gran successo, questo sì, e scatenò il dibattito: ma a distanza di molto tempo, e al di là dell'incisiva presenza scenica di una bellissima Sandrelli, sono davvero irrilevanti gli elementi da potersi considerare validi. Lo stesso romanzo di partenza aveva e avrebbe ispirato diverse riduzioni cinematografiche, a partire da Kagi (1959) di Kon Ichikawa.
Ispirato al romanzo omonimo di Jun'ichirō Tanizaki del 1956, La chiave è non solo uno dei più importanti successi di Tinto Brass, ma anche un'opera paradigmatica per intendere la seconda parte della sua carriera, che dopo questo film (e in parte il precedente Io, Caligola, 1979) avrebbe interamente compreso solo lungometraggi di impianto gustosamente voyeuristico e softcore. Peccato che, nella cornice di una Venezia fascista, si muova una vicenda intricata e combinatoria di legami familiari sgangherati e morbosi, mossi nell'orizzonte di una prurigine “scabrosa” a ogni costo. Il film è ambizioso e pedante: Brass, anche autore di sceneggiatura e montaggio, vorrebbe raccontare lussurie e tradimenti in maniera ficcante e audace, ma finisce presto per sconfinare nel pittoresco, affidandosi a personaggi-macchiette e risvolti di desolante sciatteria. Fu un gran successo, questo sì, e scatenò il dibattito: ma a distanza di molto tempo, e al di là dell'incisiva presenza scenica di una bellissima Sandrelli, sono davvero irrilevanti gli elementi da potersi considerare validi. Lo stesso romanzo di partenza aveva e avrebbe ispirato diverse riduzioni cinematografiche, a partire da Kagi (1959) di Kon Ichikawa.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare