Le vicende della forestiera Margò (Raven De La Croix), assunta come cameriera in un bar del nord della California, si intrecciano con quelle legate al passato di Alice (Janet Wood), proprietaria del locale, del di lei marito Paul (Robert McLane) e di un uomo (Edward Schaaf) misterioso trovato morto e praticamente uguale ad Adolf Hitler. Sullo schermo scorre un avviso in rosa: «no fairy tale… this!». E alla vagina di Kitten Nadividad, che si presenta come Coro Greco appollaiata nuda su un albero, il regista californiano (e compagno della Nadividad per oltre quindici anni) Russ Meyer regala un compiacente primo piano che fa da apripista al film. Un'opera che, nonostante la follia colorata e ipercitazionista – dalla scena della doccia che richiama Psyco, 1960, alla motosega nel bosco di Non aprite quella porta, 1974 – e le arcinote ossessioni del suo autore (dallo stupro al lesbismo) finisce per diventare un film sexploitation di non troppa rilevanza. La colpa è da attribuire interamente alla pessima, contorta e ridicola sceneggiatura che rilegge la vicenda di Adolf Hitler in chiave porno-sadistica, proiettandola in un contesto americano splatter e nerissimo. Davvero troppo poco. Fascinosa, in ogni caso, la protagonista Raven De La Croix, e notevolmente perturbanti le sequenze iniziali di violenza sadomaso nel castello e funzionale l'intervento del succitato «coro greco Nadividad», che introduce e commenta le vicende con scollacciata… chiosa. Scritto dal regista (che appare in un cameo) e da Roger Ebert, entrambi sotto pseudonimo.