Un ex sicario del cartello messicano si racconta a volto coperto davanti alle cineprese di Gianfranco Rosi. Una lunga intervista in cui emergono i ricordi truci e violenti di chi era pagato per torturare e uccidere altri esseri umani. Un uomo chiuso in una stanza si racconta per ottanta minuti. Questo è El Sicario – Room 164, uno dei titoli più significativi della carriera di Gianfranco Rosi, ma più in generale del cinema documentario d'inizio nuovo millennio. Attraverso la testimonianza diretta di un essere umano dalla coscienza più che sporca, il lavoro del regista italiano mette in luce verità scottanti e troppo spesso occultate; eppure la qualità più interessante del film è proprio la scelta di non mostrare nulla. Il senso del pudore e del rispetto per le vittime che hanno perso la vita per via degli avvenimenti narrati è una costante che si respira in ogni singolo istante della pellicola, mentre il sicario al centro dell'inquadratura ricorda le sue azioni e attraverso i ricordi le rivive in prima persona per suggerirle a noi spettatori. Un gioco di riflessi spietato e cinico che lascia il segno anche grazie alla sua semplicità. Da vedere. Premio FIPRESCI alla Mostra del Cinema di Venezia, dove venne presentato nella sezione Orizzonti.