Il giardino di cemento
The Cement Garden
1993
Paesi
Francia, Germania, Gran Bretagna
Genere
Drammatico
Durata
105 min.
Formato
Colore
Regista
Andrew Birkin
Attori
Andrew Robertson
Charlotte Gainsbourg
Alice Coulthard
Ned Birkin
Sinéad Cusack
Hanns Zischler
Jochen Horst
Gareth Brown
William Hootkins
Dick Flockhart
Mike Clarke
Rimasti orfani del padre – colto da un infarto mentre cementava il giardino – Jack (Andrew N. Robertson), Julie (Charlotte Gainsbourg) e altri due fratelli accudiscono la madre gravemente malata in casa. Quando anche lei muore i ragazzi decidono di non farlo sapere e, dopo aver trasportato il cadavere in cantina, lo immergono in un baule pieno di cemento. Cosa accadrà ora che sono soli a gestire la casa e ad affrontare le difficoltà dell’adolescenza?
Tratto dall’omonimo romanzo di Ian McEwan, l’adattamento di Andrew Birkin ripercorre fedelmente la trama dell’opera originale riuscendo a restituirne l’atmosfera claustrofobica e allo stesso tempo dispersiva nell’alternanza tra soffocanti e polverosi spazi chiusi e location industriali all’aperto di difficile contestualizzazione. Del perturbante microcosmo creato da McEwan vengono riproposti i personaggi problematici e le dinamiche familiari distruttive in maniera sottile e puntuale: sguardi eloquenti, parole non dette e effetti chiaroscurali, evocativi di una realtà opaca e squallida, fanno affiorare l’interiorità tormentata dei giovani protagonisti che la pagina scritta restituisce con minuziosa attenzione. D’altra parte la pellicola procede in maniera (forse troppo) lineare e alcune scelte estetiche posso risultare eccessivamente espressionistiche, eppure, l’azzeccata scelta degli attori, la regia discreta e intelligente e l’inquietante procedere narrativo lo rendono un prodotto a suo modo coraggioso. La rappresentazione tagliente di una famiglia distrutta dove i figli pagano il prezzo dell’assenza dei genitori con la loro infanzia potrebbe sembrare scontato, ma l’esito tragico descritto nell’archetipo letterario viene mostrato senza alcuna edulcorazione: i bambini perdono l’innocenza divenendo esseri depravati e incestuosi, in balia dei loro istinti più bassi e, accogliendo le perversione di un’età adulta violenta che non concede lieto fine o consolazioni, rivelano la radice corrotta dal quale nasce ogni essere umano
Tratto dall’omonimo romanzo di Ian McEwan, l’adattamento di Andrew Birkin ripercorre fedelmente la trama dell’opera originale riuscendo a restituirne l’atmosfera claustrofobica e allo stesso tempo dispersiva nell’alternanza tra soffocanti e polverosi spazi chiusi e location industriali all’aperto di difficile contestualizzazione. Del perturbante microcosmo creato da McEwan vengono riproposti i personaggi problematici e le dinamiche familiari distruttive in maniera sottile e puntuale: sguardi eloquenti, parole non dette e effetti chiaroscurali, evocativi di una realtà opaca e squallida, fanno affiorare l’interiorità tormentata dei giovani protagonisti che la pagina scritta restituisce con minuziosa attenzione. D’altra parte la pellicola procede in maniera (forse troppo) lineare e alcune scelte estetiche posso risultare eccessivamente espressionistiche, eppure, l’azzeccata scelta degli attori, la regia discreta e intelligente e l’inquietante procedere narrativo lo rendono un prodotto a suo modo coraggioso. La rappresentazione tagliente di una famiglia distrutta dove i figli pagano il prezzo dell’assenza dei genitori con la loro infanzia potrebbe sembrare scontato, ma l’esito tragico descritto nell’archetipo letterario viene mostrato senza alcuna edulcorazione: i bambini perdono l’innocenza divenendo esseri depravati e incestuosi, in balia dei loro istinti più bassi e, accogliendo le perversione di un’età adulta violenta che non concede lieto fine o consolazioni, rivelano la radice corrotta dal quale nasce ogni essere umano
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