Ad Ascoli Piceno sul finire degli anni Trenta, Luciano (Riccardo Scamarcio), simpatizzante del fascismo è il proprietario di un ristorante che crede di poter gestire secondo le regole che si è dato, in una sorta di isolamento dal mondo esterno. Ma sulla vetrina che dà sull’antica piazza, insieme ai segnali preoccupanti di qualcosa che sta per accadere, compare una ragazza (Benedetta Porcaroli) che porta con sé un segreto e che gli cambierà la vita. 

A sei anni da Questi giorni, Giuseppe Piccioni torna nella sua Ascoli Piceno, ma per la prima volta con un film in costume, ambientato nel 1938, anno della promulgazione delle leggi razziali. Il film si articola attraverso la storia d’amore tra il maturo Luciano e la giovane Anna raccontando in controluce la disillusione italiana nei confronti delle promesse fasciste. Questa scelta, sempre in bilico tra melò e ritratto storico (quindi politico e sociale), costringe Piccioni a prendere alcune scorciatoie di sceneggiatura che pregiudicano il risultato finale. La storia d’amore, inizialmente sviluppata in maniera rapida ma credibile, subisce una brusca frenata che rompe l’equilibrio della narrazione e annulla il possibile ed evidente parallelismo con Casablanca. Le due anime del film smettono di sostenersi e tutta la seconda parte procede senza sussulti, depotenziando un finale che risulta poco efficace a causa della sua prevedibilità. Da segnalare le interpretazioni di Scamarcio e della Porcaroli, capaci di delineare i propri personaggi sfruttando l’uno le caratteristiche dell’altro, sprigionando una chimica su cui si regge l’intera pellicola.