I misteri di Lisbona
Mistérios de Lisboa
2010
Paesi
Portogallo, Francia
Genere
Drammatico
Durata
272 min.
Formato
Colore
Regista
Raúl Ruiz
Attori
Adriano Luz
Maria João Bastos
Ricardo Pereira
Clotilde Esme
José Afonso Pimentel
João Luís Arrais
Albano Jerónimo
João Baptista
Joana de Verona
Carloto Cotta
Un viaggio attraverso l'Europa e non solo, che si consuma intorno a paesi come Portogallo, Italia, Francia e Brasile e vede il coinvolgimento di molteplici personaggi e individui misteriosi, alle prese con altrettante innumerevoli avventure.
L'apice del cinema di Ruiz, una maestosa opera fluviale della durata di oltre quattro ore che travolge lo spettatore agendo sottotraccia, a partire dall'adattamento di un romanzo ottocentesco dello scrittore Camilo Castelo Blanco, nume tutelare del regista portoghese Manoel De Oliveira e importante punto di riferimento per la letteratura del suo paese. Sotto la guida del benemerito produttore Paulo Branco, uomo di cinema da sempre attento a operazioni di eccezionale libertà espressiva e audacia, il regista cileno firma un affresco generoso e multiforme, proustiano e infinitamente denso di sfumature. Un film lungo un romanzo, pieno di umori, deviazioni, frangenti cangianti, dispersioni, incursioni sapienti e avvolgenti affabulazioni. Un mare magnum in cui il cinema di Ruiz respira a pieni polmoni e ci restituisce un'avvolgente densità di sguardo, che non si limita al cospetto di nulla e lavora sulle atmosfere, sulla concretezza del gesto filmico e dell'atto di creazione cinematografica, destreggiandosi come meglio non si potrebbe in mezzo a una miriade di personaggi e situazioni. Eccezionale variazione sul tema, per così dire, del “format” televisivo del feuilleton a puntate, è un lavoro che si spinge un po' più là gli standardizzati confini del cinema contemporaneo, indicando la via maestra ma trovandosi fatalmente solo e disperso, destinato, probabilmente a causa della sua stessa grandezza e del suo medesimo coraggio, a non avere né emuli né eredi significativi e degni (esattamente come Ruiz stesso). Epico, misterioso, caleidoscopico, pervaso da una magia rara e da un'infinita serie di emozioni e simboli rilevanti: una pellicola grandiosa, con momenti di pura meraviglia, a cavallo, ça va sans dire, tra tempo perduto e reminiscenza. Da applausi anche il comparto tecnico, forte della ricostruzione d'epoca della scenografa Isabel Branco e della fotografia strepitosa di Andre Szankowski.
L'apice del cinema di Ruiz, una maestosa opera fluviale della durata di oltre quattro ore che travolge lo spettatore agendo sottotraccia, a partire dall'adattamento di un romanzo ottocentesco dello scrittore Camilo Castelo Blanco, nume tutelare del regista portoghese Manoel De Oliveira e importante punto di riferimento per la letteratura del suo paese. Sotto la guida del benemerito produttore Paulo Branco, uomo di cinema da sempre attento a operazioni di eccezionale libertà espressiva e audacia, il regista cileno firma un affresco generoso e multiforme, proustiano e infinitamente denso di sfumature. Un film lungo un romanzo, pieno di umori, deviazioni, frangenti cangianti, dispersioni, incursioni sapienti e avvolgenti affabulazioni. Un mare magnum in cui il cinema di Ruiz respira a pieni polmoni e ci restituisce un'avvolgente densità di sguardo, che non si limita al cospetto di nulla e lavora sulle atmosfere, sulla concretezza del gesto filmico e dell'atto di creazione cinematografica, destreggiandosi come meglio non si potrebbe in mezzo a una miriade di personaggi e situazioni. Eccezionale variazione sul tema, per così dire, del “format” televisivo del feuilleton a puntate, è un lavoro che si spinge un po' più là gli standardizzati confini del cinema contemporaneo, indicando la via maestra ma trovandosi fatalmente solo e disperso, destinato, probabilmente a causa della sua stessa grandezza e del suo medesimo coraggio, a non avere né emuli né eredi significativi e degni (esattamente come Ruiz stesso). Epico, misterioso, caleidoscopico, pervaso da una magia rara e da un'infinita serie di emozioni e simboli rilevanti: una pellicola grandiosa, con momenti di pura meraviglia, a cavallo, ça va sans dire, tra tempo perduto e reminiscenza. Da applausi anche il comparto tecnico, forte della ricostruzione d'epoca della scenografa Isabel Branco e della fotografia strepitosa di Andre Szankowski.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare