Un artista coreano (Kim Yeong-ho) è costretto a trasferirsi a Parigi, dove, tra un vagare e l'altro, incontra prima la sua ex compagna (Kim Yoo-jin), poi una giovane studentessa d'arte (Park Eun-hye) con la quale cerca di avere una relazione. Sullo sfondo, la comunità di coreani, perlopiù artisti e intellettuali, trasferitasi a Parigi. Ambientata quasi totalmente nella capitale francese, questa commedia amara ai confini col melodramma è un'ulteriore conferma del fatto che il regista coreano Hong Sang-soo ama il cinema transalpino e a questo si ispira. A tratti sembra un omaggio un po' calligrafico, ma il regista sudcoreano riesce a rendere bene, con una divertita mestizia di fondo, il vagare senza meta del protagonista e la ripetitività dei suoi tormenti amorosi, anche intervallandoli con significative riflessioni sul senso dell'arte e della cultura (altro elemento abbastanza tipico di un certo cinema francese). Lo stile è quello di un realismo all'apparenza accentuato, con la macchina da presa immobile e la fotografia volutamente anonima, e con la totale aderenza agli atti e soprattutto alle parole dei protagonisti, anche grazie a ricorrenti zoom che ulteriormente li incorniciano: naturalismo che però, allo stesso tempo, non dà mai l'impressione di essere davvero tale fino in fondo, conferendo anzi al film un'atmosfera quasi eterea. Un filo di maniera di troppo, ma anche una notevole capacità di scrittura di personaggi ben sfaccettati. Presentato in concorso al Festival di Berlino.