Nosferatu
Nosferatu
2024
In sala
dal 01/01
Paesi
Usa, Repubblica Ceca
Genere
Horror
Durata
132 min.
Formato
Colore
Regista
Robert Eggers
Attori
Bill Skarsgård
Nicholas Hoult
Lily-Rose Depp
Aaron Taylor-Johnson
Emma Corrin
Willem Dafoe
Simon McBurney
Ralph Ineson
Wisborg, Germania, XIX secolo. Il giovane Thomas (Nicholas Hoult), da poco sposatosi con Ellen (Lily-Rose Depp), accetta un incarico impegnativo per fare carriera e guadagnare posizioni nello studio per cui lavora: deve partire per i Carpazi per la firma di un contratto di una proprietà in rovina. Il cliente è un certo Conte Orlok (Bill Skarsgård) che lo sta intanto aspettando nel suo castello.
Arrivato al suo quarto lungometraggio, l’americano Robert Eggers dirige il remake di uno dei film che l’aveva portato fin da bambino ad amare il cinema: Nosferatu – Il vampiro (1922), capolavoro di F.W. Murnau e tra i manifesti dell’espressionismo tedesco, già rifatto egregiamente da Werner Herzog nel 1979 in Nosferatu – Il principe della notte. Non si può mettere in discussione la passione del regista per un certo horror d’altri tempi e la sua consapevolezza nei confronti del genere, ma il suo Nosferatu è un film che mescola eccessivamente le suggestioni espressioniste (notevoli i giochi di luce) con numerosi altri titoli relativi al mito di Dracula (dai lungometraggi di Barbara Hammer a quello di Francis Ford Coppola) e al filone horror in generale (decisamente stonate un paio di sequenze che sembrano richiamare L’esorcista). Come per i due precedenti di Eggers, The Lighthouse (2019) e The Northman (2022), la resa estetica è di pregevole fattura, ma il regista si fa prendere ancora una volta la mano da diversi eccessi del tutto indigesti e da una rappresentazione del vampiro (i baffoni richiamano lo storico personaggio di Vlad) decisamente discutibile e lontana dagli echi soffusi, misteriosi e romantici dei due Orlok precedenti. Le suggestioni erotiche e le possibili metafore relative al vampiro come simbologia della psiche e della salute mentale, ormai, lasciano il tempo che trovano essendo già state ampiamente battute in passato. Seppur non manchino sequenze che rimangono impresse (l’arrivo della carrozza per portare Hutter al castello è il momento più alto del film) la sensazione generale è quella di un lungometraggio di cui si fatica a cogliere il senso complessivo, incapace di essere un vero e proprio omaggio al cinema del passato e, allo stesso tempo, di non riuscire ad attualizzare le riflessioni che vuole proporre. Dopo l’ottimo esordio con The Witch (2015), il cinema di Eggers continua a risultare altalenante e distante dalla compattezza e dall’originalità della sua opera prima.
Arrivato al suo quarto lungometraggio, l’americano Robert Eggers dirige il remake di uno dei film che l’aveva portato fin da bambino ad amare il cinema: Nosferatu – Il vampiro (1922), capolavoro di F.W. Murnau e tra i manifesti dell’espressionismo tedesco, già rifatto egregiamente da Werner Herzog nel 1979 in Nosferatu – Il principe della notte. Non si può mettere in discussione la passione del regista per un certo horror d’altri tempi e la sua consapevolezza nei confronti del genere, ma il suo Nosferatu è un film che mescola eccessivamente le suggestioni espressioniste (notevoli i giochi di luce) con numerosi altri titoli relativi al mito di Dracula (dai lungometraggi di Barbara Hammer a quello di Francis Ford Coppola) e al filone horror in generale (decisamente stonate un paio di sequenze che sembrano richiamare L’esorcista). Come per i due precedenti di Eggers, The Lighthouse (2019) e The Northman (2022), la resa estetica è di pregevole fattura, ma il regista si fa prendere ancora una volta la mano da diversi eccessi del tutto indigesti e da una rappresentazione del vampiro (i baffoni richiamano lo storico personaggio di Vlad) decisamente discutibile e lontana dagli echi soffusi, misteriosi e romantici dei due Orlok precedenti. Le suggestioni erotiche e le possibili metafore relative al vampiro come simbologia della psiche e della salute mentale, ormai, lasciano il tempo che trovano essendo già state ampiamente battute in passato. Seppur non manchino sequenze che rimangono impresse (l’arrivo della carrozza per portare Hutter al castello è il momento più alto del film) la sensazione generale è quella di un lungometraggio di cui si fatica a cogliere il senso complessivo, incapace di essere un vero e proprio omaggio al cinema del passato e, allo stesso tempo, di non riuscire ad attualizzare le riflessioni che vuole proporre. Dopo l’ottimo esordio con The Witch (2015), il cinema di Eggers continua a risultare altalenante e distante dalla compattezza e dall’originalità della sua opera prima.
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