Animali selvatici
R.M.N.
2022
Paese
Romania
Genere
Drammatico
Durata
126 min.
Formato
Colore
Regista
Cristian Mungiu
Attori
Judith State
Alin Panc
Marin Grigore
András Hatházi
Orsolya Moldován
Macrina Barladeanu
Andrei Finti
Pochi giorni prima di Natale, dopo aver lasciato il lavoro in Germania, Matthias (Marin Grigore) torna nel suo villaggio multietnico della Transilvania. Vuole impegnarsi maggiormente nell'educazione del giovanissimo figlio, lasciato per troppo tempo alle cure della madre Ana (Macrina Barladeanu), e liberare il ragazzo dalle paure irrisolte che lo attanagliano. È preoccupato anche per il suo vecchio padre, Otto (Andrei Finti), e desideroso di vedere la sua ex amante, Csilla (Judith State). Quando alcuni nuovi lavoratori dello Sri Lanka vengono assunti nel piccolo panificio gestito da Csilla, la pace della comunità, nel suo coacervo di paura e odio per il diverso, verrà messa a dura prova. 

Il regista rumeno Cristian Mungiu, di ritorno dietro la macchina da presa sei anni dopo Un padre, una figlia (2016), firma un ambizioso affresco sul suo paese natale, ambientato in un villaggio della Transilvania in cui si innestano con silente ferocia alcuni dei temi cruciali della contemporaneità, dal connubio tra patriarcato e maschilismo alla xenofobia, particolarmente paradossale in un luogo all’insegna del coacervo di culture e nazionalità diverse, dai tedeschi agli ungheresi passando per chi ha parenti in Italia. Il regista mette in scena tensioni insite alla comunità e rapporti tra i personaggi avvalendosi di una conflittualità latente sempre sul punto di esplodere e di descrizioni di ambienti mai lasciati al caso, sia attraverso una cura formale particolarmente livida e ricercata delle immagini sia attraverso momenti più dialogici, che si affidano alla pura scrittura per far emergere i nodi di maggior attualità e flagranza. Nonostante una certa ridondanza, il disegno complessivo, come d’abitudine per il cinema di Mungiu, è decisamente vigoroso e robusto nelle istanze e nel rigore messo in campo: si respira lungo tutto il film la gelida e opprimente cappa della contraddizioni del Nord Europa, immortalate con uno sguardo che oscilla puntualmente tra l’antropologico, l’etnografico e dunque anche il politico, facendo dialogare le tante ferite del capitalismo moderno e della sua mancata sostenibilità con parabole private connotate da una ferocia silente ma, un po’ come il protagonista Matthias, sempre all’erta e pronta a colpire. Il titolo fa riferimento all’esame - risonanza magnetica nucleare - cui viene sottoposto a un certo punto il padre del protagonista, a riprova dell’idea di radiografia sottesa a tutta l’operazione, ma è chiaro che nemmeno troppo in filigrana rimandi in realtà alla Romania stessa, alla quale Mungiu indirizza idealmente il suo film forse più paradigmatico sulla propria nazione, le cui fragilità e irresolutezze sono elevate ovviamente a spettro e sintomo di un collasso dell’Occidente ben più grande dei semplici confini patri. Il finale sospeso, che vira di tono rispetto alla secca e angosciosa sobrietà del resto, è tanto potente quanto ricco di possibili letture inerenti alla solitudine di un personaggio che diventa sempre più emblema della chiusura di un intero villaggio e paese, ancor più solo perché incapace di aprirsi. Particolarmente ragguardevoli la sequenze del confronto cittadino, inquadrato con un’unica ripresa fissa a suggellare il magma dialettico di una versione moderna della polis dell’antica Grecia, e quella di ballo sulle note del canto partigiano Bella ciao, ma il momento di maggior pregio è forse la citazione letterale e abbagliante, con preciso riferimento visivo annesso, del pittore olandese Bruegel il Vecchio e del suo Cacciatori nella neve, ritratto in un gelidissimo inverno (quello del 1564-65), quasi quanto quello che permea Animali selvatici coi suoi fiocchi di neve che cadono con regolare, sparuta e ciclica indifferenza. Un altro riferimento fondamentale è musicale: le note di In the Mood for Love di Wong Kar Wai che fanno capolino diegeticamente nella storia e offrono un'ulteriore chiave di lettura per raccontare un mondo in cui anche per i sentimenti non è facile aprirsi verso l'esterno. Il titolo originale, R.M.N., è la sigla della risonanza magnetica, ma il richiamo anche alle consonanti della Romania è evidente, come se Mungiu abbia voluto realizzare una vera e propria radiografia della sua nazione d'origine. Presentato in Concorso al Festival di Cannes.
Maximal Interjector
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