Il detective John Shaft (Samuel L. Jackson) arresta un ricco e viziato rampollo (Christian Bale), accusato di aver ucciso a sangue freddo un giovane nero per futili motivi razziali. Quando il giovane non si presenta in tribunale, Shaft prende a cuore il caso e tenterà ogni strada per catturarlo.
John Singleton realizza il quarto capitolo della serie relativa a uno dei personaggi emblematici della blaxploitation (genere con protagonisti e atmosfere afroamericane). A distanza di quasi trent'anni dall'ultimo sequel, Samuel L. Jackson presta le proprie sembianze al celebre sbirro afroamericano, proseguendo la saga inaugurata nel 1971 da Shaft il detective (l'attore veste i panni del nipote dello Shaft originale, anche qui interpretato da Richard Roundtree). Il film si rivela abile a sfruttare a proprio favore il salto temporale, ben adattando la vicenda alla fine degli anni Novanta, nonostante, ovviamente, vada smarrito il senso della maggior parte delle connotazioni politico-sociali tipiche degli episodi precedenti. Jackson conferisce al ruolo una ventata di freschezza non priva di un certo umorismo, differente dal cupo machismo del suo predecessore, il tutto in un mix d'azione congegnato a dovere, ma non così coinvolgente e tantomeno originale. Il risultato è un po' superficiale, ma confezionato discretamente. Colonna sonora nostalgica che alterna sonorità tipiche degli anni Settanta con qualche brano più moderno. Ricco il cast di contorno, specialmente per quanto riguarda i due principali antagonisti Christian Bale e Jeffrey Wright.