Una storia senza nome
2018
Paesi
Italia, Francia
Genere
Drammatico
Durata
110 min.
Formato
Colore
Regista
Roberto Andò
Attori
Micaela Ramazzotti
Renato Carpentieri
Laura Morante
Alessandro Gassmann
Jerzy Skolimowski
Valeria (Micaela Ramazzotti), giovane segretaria di un produttore cinematografico, scrive in incognito per uno sceneggiatore di successo, Alessandro Pes (Alessandro Gassman). Un giorno la donna viene avvicinata da un anziano poliziotto in pensione (Renato Carpentieri) che le rivela una misteriosa storia legata al furto del quadro La Natività di Caravaggio, avvenuto nel 1969 a Palermo per mano della mafia. Trasformata nel nuovo soggetto di Pes, La storia senza nome coinvolgerà Valeria in un pericoloso meccanismo di eventi enigmatici.
Al suo sesto lungometraggio, il palermitano Roberto Andò fa ritorno sul suolo natio, scenario di fondo di un “noir all’italiana” permeato da sfumature comico-goliardiche. Esplicitamente autoironico, Una storia senza nome abbraccia la prospettiva meta-cinematografica sia dal punto di vista strutturale che contenutistico, calando il processo realizzativo di un film (nel film) in un territorio vessato dalla corruzione dilagante della criminalità organizzata. Così facendo, l’opera di Andò intende aderire – seppur con i suoi limiti – a dinamiche proprie del sopracitato genere noir (incarnate dal caparbio poliziotto di Carpentieri), autodenunciandosi comunque restia nei confronti di qualsiasi pretenziosità. Colpevole di evidenti incertezze e approssimazioni sul piano narrativo, che vede alcune dinamiche risolte in maniera fin troppo telefonata o sbrigativa, Una storia senza nome trova una piccola ancora di salvezza nell’approccio sincero e sarcastico nei confronti della materia metacinematografica trattata, distinguendosi come prodotto nell’insieme godibile, anche se non memorabile, con un’esplosiva chiusa ironica che strizza l’occhio allo spettatore con acume e poca propensione a prendersi sul serio. Il grande regista polacco Jerzy Skolimowski interpreta il temibile regista Mr. Kunze, palesemente ritagliato su se stesso, ma c’è spazio anche per un cameo dal sapore hitchcockiano di un divertito e sornione Andò e per una gustosa stilettata a Lars von Trier. Presentato fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2018.
Al suo sesto lungometraggio, il palermitano Roberto Andò fa ritorno sul suolo natio, scenario di fondo di un “noir all’italiana” permeato da sfumature comico-goliardiche. Esplicitamente autoironico, Una storia senza nome abbraccia la prospettiva meta-cinematografica sia dal punto di vista strutturale che contenutistico, calando il processo realizzativo di un film (nel film) in un territorio vessato dalla corruzione dilagante della criminalità organizzata. Così facendo, l’opera di Andò intende aderire – seppur con i suoi limiti – a dinamiche proprie del sopracitato genere noir (incarnate dal caparbio poliziotto di Carpentieri), autodenunciandosi comunque restia nei confronti di qualsiasi pretenziosità. Colpevole di evidenti incertezze e approssimazioni sul piano narrativo, che vede alcune dinamiche risolte in maniera fin troppo telefonata o sbrigativa, Una storia senza nome trova una piccola ancora di salvezza nell’approccio sincero e sarcastico nei confronti della materia metacinematografica trattata, distinguendosi come prodotto nell’insieme godibile, anche se non memorabile, con un’esplosiva chiusa ironica che strizza l’occhio allo spettatore con acume e poca propensione a prendersi sul serio. Il grande regista polacco Jerzy Skolimowski interpreta il temibile regista Mr. Kunze, palesemente ritagliato su se stesso, ma c’è spazio anche per un cameo dal sapore hitchcockiano di un divertito e sornione Andò e per una gustosa stilettata a Lars von Trier. Presentato fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2018.
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