Tarde para morir joven
Tarde para morir joven
2018
Paesi
Cile, Argentina, Brasile, Olanda, Qatar
Genere
Drammatico
Durata
110 min.
Formato
Colore
Regista
Dominga Sotomayor Castillo
Attori
Demian Hernández
Antar Machado
Magdalena Tótoro
Matías Oviedo
Andrés Aliaga
Antonia Zegers
Cile, estate 1990. Un gruppetto di famiglie, che abita in una comunità isolata ai piedi delle Ande, vive nell’utopia di costruire un nuovo mondo, distante dagli eccessi metropolitani, sfruttando al meglio la recente libertà conquistata con la fine della dittatura.
È un’opera sorprendente quella della regista cilena Dominga Sotomayor Castillo, che sceglie un momento decisivo nella storia del suo paese per dare vita a una pellicola dal forte sapore metaforico. Siamo in un’epoca di trasformazioni e un gruppo di adulti cerca di tenere lontani i propri figli dai pericoli delle grandi città, ma non fa i conti con quelli che sono i rischi della natura, che ogni essere umano deve affrontare, ovunque si trovi. È così per la giovane Sofía, protagonista di quello che è comunque un film collettivo, una ragazza in un’età pronta a sperimentare nuovi amori in un contesto di complesse dinamiche familiari. Più che sulla famiglia, però, Tarde para morir joven è una pellicola su un microcosmo simbolo di una società disposta a tutto pur di vivere a pieno quella libertà che ha appena ottenuto. Attraverso un cast in formissima, la regista (che nel 1990 aveva quattro anni) costruisce una pellicola basata su personaggi emblematici, in cui ognuno ha un ruolo decisivo nel costruire al meglio un efficace disegno d’insieme. Qualche lieve sbavatura (la sovrimpressione mentre Sofía suona durante l’eccessivamente lunga e sfilacciata festa di capodanno) non intaccano più di tanto un lungometraggio di buono spessore, girato in maniera elegante, con scelte visive che sembrano provenire proprio da un’altra epoca: i giochi di luce sono eccezionali, sia quanto filtrano i raggi del sole tra gli alberi, sia nell’uso delle candele negli interni. Oppure anche nella costante presenza del fuoco, allo stesso tempo motore di accensione di sentimenti (Sofía sembra innamorarsi definitivamente davanti a un falò) e di distruzione di sogni (la notevole parte conclusiva). Emozionante senza essere retorico, è un film che conferma la grande capacità del cinema cileno di riflettere sul proprio passato, in maniera tanto originale quanto profonda. Presentato in concorso al Festival di Locarno.
È un’opera sorprendente quella della regista cilena Dominga Sotomayor Castillo, che sceglie un momento decisivo nella storia del suo paese per dare vita a una pellicola dal forte sapore metaforico. Siamo in un’epoca di trasformazioni e un gruppo di adulti cerca di tenere lontani i propri figli dai pericoli delle grandi città, ma non fa i conti con quelli che sono i rischi della natura, che ogni essere umano deve affrontare, ovunque si trovi. È così per la giovane Sofía, protagonista di quello che è comunque un film collettivo, una ragazza in un’età pronta a sperimentare nuovi amori in un contesto di complesse dinamiche familiari. Più che sulla famiglia, però, Tarde para morir joven è una pellicola su un microcosmo simbolo di una società disposta a tutto pur di vivere a pieno quella libertà che ha appena ottenuto. Attraverso un cast in formissima, la regista (che nel 1990 aveva quattro anni) costruisce una pellicola basata su personaggi emblematici, in cui ognuno ha un ruolo decisivo nel costruire al meglio un efficace disegno d’insieme. Qualche lieve sbavatura (la sovrimpressione mentre Sofía suona durante l’eccessivamente lunga e sfilacciata festa di capodanno) non intaccano più di tanto un lungometraggio di buono spessore, girato in maniera elegante, con scelte visive che sembrano provenire proprio da un’altra epoca: i giochi di luce sono eccezionali, sia quanto filtrano i raggi del sole tra gli alberi, sia nell’uso delle candele negli interni. Oppure anche nella costante presenza del fuoco, allo stesso tempo motore di accensione di sentimenti (Sofía sembra innamorarsi definitivamente davanti a un falò) e di distruzione di sogni (la notevole parte conclusiva). Emozionante senza essere retorico, è un film che conferma la grande capacità del cinema cileno di riflettere sul proprio passato, in maniera tanto originale quanto profonda. Presentato in concorso al Festival di Locarno.
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