Si pensava morto durante l’apocalisse metropolitana accaduta a Dacca eppure, Tyler Rake è vivo. Per le gravi lesioni subite nella sua ultima battaglia, il mercenario viene sistemato in una baita di montagna nascosta per riprendersi al meglio. Una nuova missione però giunge alle porte di Tyler: è l’ex moglie a chiedere aiuto per salvare sua sorella Ketevan i suoi due nipoti Nina e Sandro...

Il secondo capitolo dell’invincibile mercenario Tyler Rake nell'esercito australiano, pronto (forse) ad una nuova missione è un action movie scritto (sempre da Joe Russo) con un ritmo ben scandito e tuttavia i problemi non mancano. Se è infatti vero che non si tratta di un film drammatico, ancora una volta l'operazione perde qualità nei dialoghi che scarseggiano e che aiutano il riproporsi di avvenimenti già visti e da cliché. La trama è facilmente intuibile e non viene approfondita in alcun modo la psiche del personaggio se non sul finale. Tuttavia sono di menzione speciale l’utilizzo di macchine a mano, action e steadycam per girare l’intera pellicola e l’uso di piani sequenza. Se i primi ci danno la sensazione di partecipare alla scena i secondi confermano la nostra presenza raggiungendo la totale immersione nel film. Già con la prima pellicola Sam Hargrave ha dimostrato di saper girare lunghi piani sequenza riprendendo senza stacchi per ben dodici minuti: con questo sequel, però, si è superato con ben 21 minuti. Sembra quasi di essere immersi in un videogioco, con macchine da presa virtuali, in un piano sequenza infinito, capace di muoversi nello spazio e nel tempo passando tra i corridoi di una prigione, spostandosi in cortile con prigionieri in rivolta, passando poi da un inseguimento, concludendosi con una fuga in treno assaltato da elicotteri. Una scena degna di nota che non vale però l’ora e mezza successiva assolutamente dimenticabile.