Villetta con ospiti
2020
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
88 min.
Formato
Colore
Regista
Ivano De Matteo
Attori
Marco Giallini
Michela Cescon
Massimiliano Gallo
Erika Blanc
Cristina Flutur
Vinicio Marchioni
Bebo Storti
I sette peccati capitali incarnati dai sette protagonisti: una famiglia borghese che di giorno mostra il suo lato migliore, ma che durante la notte rivela la sua reale natura.
Il regista Ivano De Matteo, affiancato come d’abitudine alla sceneggiatura dalla compagna Valentina Ferlan, firma un noir borghese in cui i sette peccati capitali sono solo un labile pretesto per dare vita a una impietosa radiografia della borghesia del nord-est italiano. A questo proposito, guardando alla storia del nostro cinema, non può che venire in mente il perfido e mai sufficientemente ricordato Signore e signori (1966) di Pietro Germi, anche se si tratta di un modello che il film di De Matteo convoca e scomoda soltanto nell’ambientazione, limitandosi, nei fatti, a volare decisamente più basso nell’arco narrativo, nella densità delle caratterizzazioni psicologiche e sociali e nelle stoccate complessive. Dopo aver affrontato temi analoghi nel corso della sua carriera, a cominciare da I nostri ragazzi (2014), De Matteo confeziona una parabola rigidamente morale che, a partire da un omicidio estremamente tragico nella sua casualità, tenta di farsi spaccato di un Italia benestante in cui la distanza dallo straniero è più che mai accentuata e il denaro può, idealmente ma anche concretamente, comprare tutto, cementando l’attaccamento a vizi inalienabili. Pur lodevole nelle premesse e ancorato a una discreta resa registica, in cui gli ambienti e gli spazi in interni sono setacciati da un occhio formalmente attento e talvolta stimolante, Villetta con ospiti resta aggrappato a un esito un po’ forzato e didascalico, in cui tante maschere appaiono pretestuosamente incancrenite e disfunzionali, dal pater familias di Marco Giallini al prete di Vinicio Marchioni, e la disperata assenza di vie di fuga è talmente meccanica e calata dall’alto da non sortire esiti dialettici né spunti di riflessione degni di nota, aldilà di quelli sbandierati a lettere cubitali. Volenterosa prova di Michela Cescon nei panni della fragilissima madre protagonista, schiacciata dal perbenismo altruista di facciata e da una depressione senza ritorno, ma il migliore del cast, in cui c’è spazio anche per Bebo Storti nei panni del dottore, è senza dubbio il feroce poliziotto meridionale interpretato da Massimiliano Gallo. Menzione d’obbligo, tra gli attori, anche per la brava interprete rumena Cristina Flutur, indimenticabile in Oltre le colline (2012) del connazionale Cristian Mungiu.
Il regista Ivano De Matteo, affiancato come d’abitudine alla sceneggiatura dalla compagna Valentina Ferlan, firma un noir borghese in cui i sette peccati capitali sono solo un labile pretesto per dare vita a una impietosa radiografia della borghesia del nord-est italiano. A questo proposito, guardando alla storia del nostro cinema, non può che venire in mente il perfido e mai sufficientemente ricordato Signore e signori (1966) di Pietro Germi, anche se si tratta di un modello che il film di De Matteo convoca e scomoda soltanto nell’ambientazione, limitandosi, nei fatti, a volare decisamente più basso nell’arco narrativo, nella densità delle caratterizzazioni psicologiche e sociali e nelle stoccate complessive. Dopo aver affrontato temi analoghi nel corso della sua carriera, a cominciare da I nostri ragazzi (2014), De Matteo confeziona una parabola rigidamente morale che, a partire da un omicidio estremamente tragico nella sua casualità, tenta di farsi spaccato di un Italia benestante in cui la distanza dallo straniero è più che mai accentuata e il denaro può, idealmente ma anche concretamente, comprare tutto, cementando l’attaccamento a vizi inalienabili. Pur lodevole nelle premesse e ancorato a una discreta resa registica, in cui gli ambienti e gli spazi in interni sono setacciati da un occhio formalmente attento e talvolta stimolante, Villetta con ospiti resta aggrappato a un esito un po’ forzato e didascalico, in cui tante maschere appaiono pretestuosamente incancrenite e disfunzionali, dal pater familias di Marco Giallini al prete di Vinicio Marchioni, e la disperata assenza di vie di fuga è talmente meccanica e calata dall’alto da non sortire esiti dialettici né spunti di riflessione degni di nota, aldilà di quelli sbandierati a lettere cubitali. Volenterosa prova di Michela Cescon nei panni della fragilissima madre protagonista, schiacciata dal perbenismo altruista di facciata e da una depressione senza ritorno, ma il migliore del cast, in cui c’è spazio anche per Bebo Storti nei panni del dottore, è senza dubbio il feroce poliziotto meridionale interpretato da Massimiliano Gallo. Menzione d’obbligo, tra gli attori, anche per la brava interprete rumena Cristina Flutur, indimenticabile in Oltre le colline (2012) del connazionale Cristian Mungiu.
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