Sono trascorsi dieci anni da quando Columbus (Jesse Eisenberg), Tallahassee (Woody Harrelson), Wichita (Emma Stone) e Little Rock (Abigail Breslin) si sono incontrati, creando una stramba famiglia e continuando ad abbattere qualsiasi zombie si trovino davanti. Ma le creature si sono evolute.
Dieci anni dopo il successo di Benvenuti a Zombieland, Ruben Fleischer gira il sequel della sua commedia zombie post-apocalittica in bilico tra trovate liberatorie e al fulmicotone e gusto politicamente scorretto. Il cast chiamato a raccolta per spingere in avanti la narrazione del primo film è in gran parte analogo al predecessore (Woody Harrelson, Jesse Eisenberg, Abigail Breslin ed Emma Stone), con in più le new entry di Rosario Dawson, Zoey Deutch e Luke Wilson. Non troviamo più Bill Murray a fare da battitore libero nel cuore del film ma alla sua assenza sopperisce in parte una sferzante e martellante decontrazione della mitologia americana (dalla Casa Bianca a Graceland), che non arretra al cospetto di niente e nessuno, anche se a una decade di distanza il senso di freschezza e di novità insito nel primo film è in gran parte appassito, sorpassato a destra da un contesto sociale e politico, in primis quello a stelle e strisce, che ha già incorporato dentro di sé il germe dell’auto-ridicolizzazione e della contrapposizione a effetto di simboli e schieramenti partitici. La satira viene così bandita dal sequel di Fleischer, che rimane a tratti godibile nella riproposizione di tutto l’armamentario del primo episodio ma incappa tuttavia in una maggiore fragilità, riversata in una narrazione e un umorismo ben più sfilacciati ed episodici, auto-conclusivi e fini a se stessi nonostante il notevole dispiegamento di soluzioni e personaggi.