Prendendo come pretesto l'origine di una scena iconica di Taxi Driver, David Fincher rigetta la nozione di autorialità.
La cosiddetta politica dell'autore prevede che un film sia il perfetto distillato della pura visione di un regista: se si aderisce a questa convinzione, probabilmente si dovrebbe considerare David Fincher un autore in piena regola.
I film del regista statunitense sono piuttosto inconfondibili: condividono tra loro temi comuni di ossessione, messi in scena attraverso un'estetica ben definita. Significa quindi che ogni progetto di David Fincher è interamente un progetto di David Fincher?
In un recente botta e risposta sulla sua ultima fatica, Mank, condotto dal giornalista Nev Pierce, Fincher ha spiegato perché non crede nel concetto di autorialità: "Provare a far guardare un'intera troupe nella stessa direzione è difficilissimo: tutti questi interessi diversi, background educativi, generazioni, questo intero gruppo separato da tutte queste diverse esperienze personali...".
Il regista di The Social Network descrive la difficoltà che si cela dietro la realizzazione di un film o di uno show televisivo: "È una cosa molto difficile per i non iniziati immaginare il tipo di str***aggine che ci vuole per farlo accadere. E a volte succede per caso, altre volte succede per esplicito disegno frattale. E a volte qualcuno manda a p***ane una battuta nel miglior modo possibile, e questo cambia ciò che quella scena alla fine significa".
Per spiegarsi meglio e fornire un ottimo esempio sul perché la teoria dell'autorialità è falsa, Fincher riporta l'iconica battuta di Robert De Niro in Taxi Driver, "You talking to me?": "Il fatto che quella battuta non fosse mai stata messa su carta tramite una macchina da scrivere, non la rende meno una collaborazione perfetta. Lo sceneggiatore, che forse non era nemmeno presente, ha dato all'attore e al regista, a tutti - al direttore della fotografia, all'operatore di ripresa, a tutti loro - questa specie di cornice per capire chi era Travis Bicke. E in quel momento, un gruppo di persone frustrate e sudate sta girando in un palazzo al quinto piano, per cercare di darti un'idea di chi sia Travis Bickle. E qualcuno fa: "Lo so, mi guardo allo specchio e... Ti piacerà. Gira e basta". E tu lo fai. E sono sicuro che Scorsese ha visto questo momento e ha detto: "Porca p***ana... Questa è l'esperienza di Travis Bickle! Stai parlando con me?". Tipo, non c'è modo migliore per incapsulare ciò che questo ragazzo sta cercando. Sta cercando di essere rispettato. Non capisce cosa ci vorrà. Questo non significa che Robert De Niro abbia scritto Taxi Driver".
Fincher ci tiene a sottolineare come questo tipo di evento (un'improvvisazione perfetta) sia raro. Ma è comunque una testimonianza del fatto che tutte le persone coinvolte nella realizzazione di quel film hanno lavorato al massimo delle loro capacità: "Quando si chiede a un attore di improvvisare, più di nove volte su dieci, non si arriva a dire: 'Stai parlando con me?'. A volte, è una m***a di cane, e tu dici, 'Ok, non ti ho dato abbastanza per lavorare'. E possiamo andare avanti. Ma quando un'entità - scrittore, produttore, regista, cameraman, tecnico del suono, attore, controfigura, addetto al dolly, addetto alla messa a fuoco - quando l'intera dinamica è sulla strada giusta, si arriva a queste cose. 'Stai parlando con me?' dovrebbe spettare a Paul Schrader. Anche se non l'ha scritto lui, non si tratta di ciò che ha scritto, ma di ciò che ha scritto intorno a questo che ha infuso a tutti questa intensa comprensione di ciò di cui stavano parlando. Quindi, non lo guardo e dico, 'Beh, per un breve momento di gloria, Robert De Niro dovrebbe ricevere una tessera WGA!'. Quello è il suo lavoro. Il lavoro dell'attore è trovare tutti questi impulsi. Questo è un ragazzo che è immerso in quello che sta facendo e in quello che sta portando a questa impresa".
Per il regista, quindi, a dispetto della sua risaputa maniacalità, il fare cinema equivale più ad un processo disordinato che ad uno preciso ed accurato: "Non credo che qualcuno possa spiegare un momento in modo così esplicito, da mettere tutti al servizio di quell'idea. Sento che il cinema deve molto di più al demolition derby che alla neurochirurgia. L'autorialità potrebbe funzionare se avessi mai visto qualcuno avere il potere di essere in grado di spiegare perfettamente ciò che vuole, e poi altre ottantacinque persone realizzare esattamente quella richiesta. Ma se sei un fottuto scultore di talento, avrai dei successi e degli insuccessi. E ci saranno cose con cui starai ancora cercando di lottare, e alla fine sarà un processo che coinvolgerà un sacco di persone e un sacco di terra e un sacco di rifiuti. E, come diciamo sempre, 'I film non sono finiti - sono abbandonati'".
Probabilmente David Fincher, dall'alto della sua incredibile carriera cinematografica, sa bene di cosa sta parlando.
Eppure, è innegabile pensare che ci sono registi che hanno più successo di altri nel trasmettere la loro specifica visione, rimanendo aperti alla collaborazione. Alcuni film sembrano quasi anonimi, come se il regista non avesse un'opinione decisa in merito.
È chiaro, quindi, che il regista è un aspetto vitale nella realizzazione di un film. Ma è anche vero che, come dice Fincher, è praticamente impossibile per una persona costringere ogni singolo membro della troupe ad essere al passo con la sua esatta visione.
Fonte: Collider
La cosiddetta politica dell'autore prevede che un film sia il perfetto distillato della pura visione di un regista: se si aderisce a questa convinzione, probabilmente si dovrebbe considerare David Fincher un autore in piena regola.
I film del regista statunitense sono piuttosto inconfondibili: condividono tra loro temi comuni di ossessione, messi in scena attraverso un'estetica ben definita. Significa quindi che ogni progetto di David Fincher è interamente un progetto di David Fincher?
In un recente botta e risposta sulla sua ultima fatica, Mank, condotto dal giornalista Nev Pierce, Fincher ha spiegato perché non crede nel concetto di autorialità: "Provare a far guardare un'intera troupe nella stessa direzione è difficilissimo: tutti questi interessi diversi, background educativi, generazioni, questo intero gruppo separato da tutte queste diverse esperienze personali...".
Il regista di The Social Network descrive la difficoltà che si cela dietro la realizzazione di un film o di uno show televisivo: "È una cosa molto difficile per i non iniziati immaginare il tipo di str***aggine che ci vuole per farlo accadere. E a volte succede per caso, altre volte succede per esplicito disegno frattale. E a volte qualcuno manda a p***ane una battuta nel miglior modo possibile, e questo cambia ciò che quella scena alla fine significa".
Per spiegarsi meglio e fornire un ottimo esempio sul perché la teoria dell'autorialità è falsa, Fincher riporta l'iconica battuta di Robert De Niro in Taxi Driver, "You talking to me?": "Il fatto che quella battuta non fosse mai stata messa su carta tramite una macchina da scrivere, non la rende meno una collaborazione perfetta. Lo sceneggiatore, che forse non era nemmeno presente, ha dato all'attore e al regista, a tutti - al direttore della fotografia, all'operatore di ripresa, a tutti loro - questa specie di cornice per capire chi era Travis Bicke. E in quel momento, un gruppo di persone frustrate e sudate sta girando in un palazzo al quinto piano, per cercare di darti un'idea di chi sia Travis Bickle. E qualcuno fa: "Lo so, mi guardo allo specchio e... Ti piacerà. Gira e basta". E tu lo fai. E sono sicuro che Scorsese ha visto questo momento e ha detto: "Porca p***ana... Questa è l'esperienza di Travis Bickle! Stai parlando con me?". Tipo, non c'è modo migliore per incapsulare ciò che questo ragazzo sta cercando. Sta cercando di essere rispettato. Non capisce cosa ci vorrà. Questo non significa che Robert De Niro abbia scritto Taxi Driver".
Fincher ci tiene a sottolineare come questo tipo di evento (un'improvvisazione perfetta) sia raro. Ma è comunque una testimonianza del fatto che tutte le persone coinvolte nella realizzazione di quel film hanno lavorato al massimo delle loro capacità: "Quando si chiede a un attore di improvvisare, più di nove volte su dieci, non si arriva a dire: 'Stai parlando con me?'. A volte, è una m***a di cane, e tu dici, 'Ok, non ti ho dato abbastanza per lavorare'. E possiamo andare avanti. Ma quando un'entità - scrittore, produttore, regista, cameraman, tecnico del suono, attore, controfigura, addetto al dolly, addetto alla messa a fuoco - quando l'intera dinamica è sulla strada giusta, si arriva a queste cose. 'Stai parlando con me?' dovrebbe spettare a Paul Schrader. Anche se non l'ha scritto lui, non si tratta di ciò che ha scritto, ma di ciò che ha scritto intorno a questo che ha infuso a tutti questa intensa comprensione di ciò di cui stavano parlando. Quindi, non lo guardo e dico, 'Beh, per un breve momento di gloria, Robert De Niro dovrebbe ricevere una tessera WGA!'. Quello è il suo lavoro. Il lavoro dell'attore è trovare tutti questi impulsi. Questo è un ragazzo che è immerso in quello che sta facendo e in quello che sta portando a questa impresa".
Per il regista, quindi, a dispetto della sua risaputa maniacalità, il fare cinema equivale più ad un processo disordinato che ad uno preciso ed accurato: "Non credo che qualcuno possa spiegare un momento in modo così esplicito, da mettere tutti al servizio di quell'idea. Sento che il cinema deve molto di più al demolition derby che alla neurochirurgia. L'autorialità potrebbe funzionare se avessi mai visto qualcuno avere il potere di essere in grado di spiegare perfettamente ciò che vuole, e poi altre ottantacinque persone realizzare esattamente quella richiesta. Ma se sei un fottuto scultore di talento, avrai dei successi e degli insuccessi. E ci saranno cose con cui starai ancora cercando di lottare, e alla fine sarà un processo che coinvolgerà un sacco di persone e un sacco di terra e un sacco di rifiuti. E, come diciamo sempre, 'I film non sono finiti - sono abbandonati'".
Probabilmente David Fincher, dall'alto della sua incredibile carriera cinematografica, sa bene di cosa sta parlando.
Eppure, è innegabile pensare che ci sono registi che hanno più successo di altri nel trasmettere la loro specifica visione, rimanendo aperti alla collaborazione. Alcuni film sembrano quasi anonimi, come se il regista non avesse un'opinione decisa in merito.
È chiaro, quindi, che il regista è un aspetto vitale nella realizzazione di un film. Ma è anche vero che, come dice Fincher, è praticamente impossibile per una persona costringere ogni singolo membro della troupe ad essere al passo con la sua esatta visione.
Fonte: Collider