Nove film della competizione ufficiale e un (bellissimo) documentario fuori concorso hanno tenuto compagnia nel weekend ai fareasters collegati alla piattaforma streaming di MyMovies.it per la ventiduesima edizione del FEFF. Un programma come al solito variegato e ricco di proposte, con cinque paesi rappresentati.
Il sabato si è aperto con la presentazione di i -Documentary of the Journalist, documentario politico serrato e appassionante incentrato sulle inchieste della giornalista Isoko Mochizuki. Il film racconta l'ostracismo incontrato dalla donna, "colpevole" di insistenza e di non accontentarsi delle risposte di facciata dei portavoce del governo Abe. Il regista Tatsuya Mori tallona la reporter, la segue in ogni luogo in cui gli è concesso filmare, e testimonia la condizione di un Paese in cui la stampa è silenziosamente costretta a mostrarsi compiacente con l'establishment, e in cui i fautori della libera informazione sono "invitati" ad adeguarsi o a essere estromessi. Ma il film è anche, e soprattutto, il ritratto di una donna caparbia, costantemente in viaggio con trolley e cartelle in mano, convinta che il gioco, ossia la libertà di stampa, valga la candela.
Dal cinema del reale ci si tuffa senza un attimo di tregua a quello del massimo artificio, grazie ai due titoli di Hong Kong del sabato. Il calderone pop Chasing Dream vede riunirsi la coppia d'oro della Milkyway, con Johnnie To alla regia e Wai Ka-fai alla sceneggiatura. To accantona il neo-noir per rispolverare lo stile sopra le righe di film come Running on Karma e Throw Down. Satira ipercinetica del mediascape contemporaneo, Chasing Dream prende spunto da due fenomeni di successo come i talent musicali e le mixed martial arts (MMA) per costruire uno spettacolo estremamente virtuoso e artificiale, con diverse sequenze musicali e di lotta girate in studio. Nel raccontare una storia d'amore che ricorda sia È nata una stella che Rocky III, To e Wai sviscerano senza vergogna, e anzi con estrema consapevolezza, ogni sorta di cliché dei diversi generi rappresentati.
Un adorabile pasticcio che non lascia un attimo di tregua, e anzi fa quasi fare brutta figura al frenetico action movie White Storm 2: Drug Lords. Sequel solo nominale di White Storm, col quale condivide il divo Louis Koo, il film di Herman Yau propone la tipica composizione dell'heroic bloodshed, con due ex-amici diventati acerrimi rivali (Koo e il divo Andy Lau) impegnati in una lotta senza esclusione di colpi sullo sfondo del traffico internazionale di stupefacenti. Il ritmo è quello tipico degli action hongkonghesi, con una notevole sequenza friedkiniana di inseguimento in auto a fare da fiore all'occhiello; ma il film perde molto quando si lascia andare in sentimentalismi eccessivi e sequenze da pubblicità progresso anti-droga.
Il sabato ha visto in concorso anche due film taiwanesi: se We Are Champions è il tipico (e insipido) coming-of-age a tema sportivo, l'horror Detention si fa notare per una non banale riflessione sulla drammatica storia del Paese. Tratto da un popolare videogioco, Detention soffre a volte dei cliché di questo tipo di adattamenti; ma colpisce nel segno quando parla di censura e violenza di regime. Gli spaventosi fantasmi che infestano un collegio degli anni Sessanta sono quelli delle vittime del Terrore bianco e la temibile nemesi del film è una creatura dalle fattezze di un militare. Imperfetto ma coraggioso, Detention è più vicino a Del Toro che a Silent Hill, ed è stato fortemente boicottato in Cina, Paese allergico alla critica sociale e più avvezzo a titoli che esaltino lo spirito coraggioso e collaborativo del proprio popolo. Ne è la dimostrazione l'insoffribile The Captain, film di chiusura della domenica, opera esageratamente patriottica che prende spunto dal vero salvataggio dei 119 passeggeri del volo Sichuan 8633 da parte del pilota Liu Changjian (Zhang Hanyu). Un'opera descritta come la risposta cinese a Sully di Eastwood, ma il paragone si ferma alla similitudine tra le due storie. Il regista Andrew Lau, che, da direttore della fotografia prima e regista poi, ha firmato film bellissimi come Hong Kong Express e Infernal Affairs, qui non riesce ad emulare il suo protagonista e a salvare un film in piena caduta libera.
Decisamente più interessanti gli altri film della giornata, compreso l'indonesiano Gundala di Joko Anwar, già in concorso con il folk horror Impetigore. Ispirato a una popolare serie di fumetti su un supereroe capace di dominare i fulmini, il film ha l'ambizione di iniziare un cinematic universe indonesiano e ne rappresenta un incoraggiante primo capitolo. Rispetto ai suoi horror, Anwar resiste alla tentazione di prendersi sul serio, aiutato anche dal materiale, e crea una origin story appassionante e ricca d'azione, dove non mancano episodi cupi e violenti, soprattutto nei momenti in cui è in scena il malvagio antagonista e quando Anwar racconta la corruzione radicata ai vertici del proprio paese.
Domenica pomeriggio all'insegna del Sol Levante, con due titoli completamente opposti per stile e registro. colorless è l'opera prima di Takashi Koyama, storia d'amore tra un fotografo e un'aspirante modella che racconta soprattutto la difficoltà per i giovani giapponesi di ritagliarsi un posto in una società opprimente e alienante. Un'opera immatura, con qualche felice intuizione qua e là, che ha il suo punto di forza nell'impressionante protagonista femminile, una ragazza che si lascia trascinare da una relazione all'altra, al contempo succube e manipolatrice, buco nero che assorbe ogni elemento intorno a sé ma che è, al contempo, come suggerisce il titolo, assenza di colore.
Tutto l'opposto del solare Dance With Me di Shinobu Yaguchi, spensierata commedia musicale che ha la sua forza nella simpatica protagonista, la giovane Miyoshi Ayaka. Il film è un simpatico omaggio, leggero e senza pretese, a due generi tipicamente americani come il musical e il road movie, e conta su un cast divertito e qualche divertente momento musicale.
Il miglior film della domenica viene però da Hong Kong: si chiama My Prince Edward ed è l'opera prima della giovane Norris Wong. Costantemente in equilibrio tra dramma e commedia, il film racconta di Fong, donna quieta e insicura, divisa tra un fidanzato mammone e immaturo e un marito fasullo, cittadino cinese, sposato anni prima per consentirgli di ottenere lo status di hongkonghese. Il film racconta le vicissitudini burocratiche che la protagonista, una bravissima Stephy Tang, affronta per annullare il precedente matrimonio. Nel frattempo la donna apre progressivamente gli occhi sulla propria vita e sulla sua relazione col fidanzato Edward, spronata anche dalla frequentazione obbligata del marito di convenienza, uomo che nella sua apparente libertà rappresenta l'esatto opposto dell'appiccicoso fidanzato. Diretto in maniera magistrale da una regista apertamente cinefila (in casa di Fong campeggiano poster di Jarmusch e Gondry), My Prince Edward si aggiunge a una lunga serie di film, di generi e registri diversi, che hanno sullo sfondo l'inferno urbano di Hong Kong, dove acquistare casa è un miraggio e il prospetto di una vita insieme è spesso frutto di un patteggiamento più che una promessa d'amore.
Se il romanticismo esce ridimensionato dalle opere prime della domenica, potrebbe avere la sua rivincita già oggi con il coreano Crazy Romance e il taiwanese iWeirDO. Altri piatti forti della giornata sono la commedia I'm Really Good, parte della rassegna dedicata a Hirobumi Watanabe, e il thriller a tinte forti Beast Clawing at Straws.
Marco Lovisato