In un imprecisato futuro, alle coppie di genitori è proibito procreare a causa di un severo razionamento delle risorse alimentari. Una famiglia provata dal dolore cerca di sostituire il figlio malato con un automa dalle perfette fattezze umane (Haley Joel Osment) e capace di amare.
Da un progetto che avrebbe dovuto portare sullo schermo Stanley Kubrick, Steven Spielberg ha tratto una delle sue opere di fantascienza meno riuscite e più problematiche. Per tutta la durata del film, che dopo una debolissima prima parte si solleva solo nella seconda metà, si avverte un costante senso di incompletezza: alla pellicola sembra mancare il cuore pulsante dello Spielberg migliore, forse trattenuto dalla volontà di rispettare la memoria e il lascito artistico di Kubrick. Gli spunti più interessanti, sebbene non originalissimi, vengono quasi esclusivamente da una rilettura in chiave futuristica del Pinocchio di Carlo Collodi. A.I. può infatti essere letto come favola su un apocalittico futuro in cui soltanto gli automi saranno capaci di amare e a loro sarà affidato il compito di essere ultima testimonianza sulla terra di un'umanità estinta per sempre. Ma la mano del regista appare svogliata, i sottotesti sono declinati in maniera scolastica quando non banale, il senso di meraviglia è quasi del tutto assente e su tutta l'operazione grava una cappa di artificiosità che rende a dir poco difficoltoso qualsiasi tipo di coinvolgimento emotivo. Cameo vocale, nella versione originale, per Robin Williams e Ben Kingsley.