La notte di capodanno del 1900, un bandito (Omero Antonutti) rapisce dei funzionari inglesi e convince alcuni villaggi della Grecia a costruire una comunità utopistica contro il governo centrale verso il quale ingaggia una lunga lotta, facendosi chiamare Alessandro il grande, come il celebre condottiero macedone. Basato su alcuni eventi reali, una delle opere più magniloquenti all'interno della poetica del regista ellenico, incentrata, più che sulle vicende dei personaggi secondo una narrazione classica, sul dipanarsi degli eventi sull'immenso palco della Storia, scegliendo il campo lungo come punto d'osservazione privilegiato su di essa e optando per una rappresentazione intrisa di complessi riferimenti simbolici e metaforici. L'applicazione rigorosa di tutti gli elementi formali messi a punto nei film precedenti, al servizio di una pellicola che osserva impietosa la parabola di un mito, fa di Alessandro il grande un esempio abbastanza compiuto del percorso cinematografico di Angelopoulos. Priva di quella decostruzione del tempo e dello spazio tanto cara al regista, è un'opera stratificata, ma un po' ripiegata su se stessa e che spesso non riesce a raggiungere le alte ambizioni prefissate. Premio speciale della giuria e Premio FIPRESCI alla Mostra del Cinema di Venezia.