C'è tempo
2019
Paese
Italia
Genere
Commedia
Durata
107 min.
Formato
Colore
Regista
Walter Veltroni
Attori
Stefano Fresi
Simona Molinari
Giovanni Fuoco
Francesca Zezza
Sergio Pierattini
Laura Efrikian
Silvia Gallerano
Shi Yang Shi
Max Tortora
Anna Billò
Jean-Pierre Léaud
Giovanni Benincasa
Stefano (Stefano Fresi), quarantenne precario e immaturo, vive in un paesino di montagna e fa un lavoro bizzarro: l'osservatore di arcobaleni. Alla morte del padre, scopre di avere un fratellastro tredicenne, Giovanni (Giovanni Fuoco). Senza alcuna intenzione di prendersene cura, Stefano parte per Roma e ne accetta la tutela solo per ricevere in cambio un generoso lascito. Profondamente diversi, i due intraprendono un viaggio in macchina che, fra diffidenze iniziali e improvvise complicità, si colora a ogni tappa: in particolare, l’incontro con la cantante Simona (Simona Molinari), in tour con sua figlia (Francesca Zezza), sarà la svolta nel rapporto tra Stefano e Giovanni, che scopriranno quanto essere fratelli possa essere sorprendente...
Dopo i documentari I bambini sanno (2015) e Indizi di felicità (2017), l’ex politico, sindaco di Roma e segretario del PD Walter Veltroni si cimenta con la sua opera prima nel cinema di finzione, incredibilmente ingolfata da un tocco smielato che non conosce pudore e approda a un’inverosimile indigestione di buonismo. Il legame tra i due fratelli protagonisti, dei quali il più piccolo sembra molto più grande dell’età che ha e il più grande è esattamente all’opposto, è lo spunto per un’innocua storiella edificante, la cui resa cinematografica, nonostante l’evidente sincerità di fondo, fa acqua da tutte le parti: non c’è infatti alcuna progressione nel loro rapporto e le tenerezze sopraggiungono immediatamente, senza un’evoluzione di sceneggiatura a giustificarle. Il regista sembra interessato a proiettare nel piccolo Giovanni il proprio mondo autobiografico (come Veltroni è tifoso della Juventus e ama alla follia il cinema d’autore), ma risulta davvero impossibile credere a un tredicenne che ha paura dei social e idolatra I quattrocento colpi (1959) di Truffaut o La prima notte di quiete (1972) di Zurlini. Per non parlare del flusso ininterrotto di riferimenti, molti dei quali diegetici e interni alle singole scene attraverso schermi o televisioni, al cinema italiano più nobile: un citazionismo da tappezzeria di un infantilismo (lui sì) davvero sconcertante, che scomoda nella maniera più retorica possibile Scola e Mastroianni, Novecento di Bertolucci e un posticcio pellegrinaggio nel cinema riminese Fulgor, amato da Fellini, per poi virare addirittura sul labirinto di Harry Potter e il calice di fuoco (2005). In colonna sonora Stella Stai di Umberto Tozzi, un brano de Lo Stato Sociale scritto appositamente per il film, Sempre lo stesso, sempre diverso, e l’inedito di Lucio Dalla Almeno pensami, da lui stesso cantato. Il titolo s’ispira a un celebre brano di Ivano Fossati, altro totem di Veltroni. Cameo, decisamente tutto da scoprire, di Jean-Pierre Léaud.
Dopo i documentari I bambini sanno (2015) e Indizi di felicità (2017), l’ex politico, sindaco di Roma e segretario del PD Walter Veltroni si cimenta con la sua opera prima nel cinema di finzione, incredibilmente ingolfata da un tocco smielato che non conosce pudore e approda a un’inverosimile indigestione di buonismo. Il legame tra i due fratelli protagonisti, dei quali il più piccolo sembra molto più grande dell’età che ha e il più grande è esattamente all’opposto, è lo spunto per un’innocua storiella edificante, la cui resa cinematografica, nonostante l’evidente sincerità di fondo, fa acqua da tutte le parti: non c’è infatti alcuna progressione nel loro rapporto e le tenerezze sopraggiungono immediatamente, senza un’evoluzione di sceneggiatura a giustificarle. Il regista sembra interessato a proiettare nel piccolo Giovanni il proprio mondo autobiografico (come Veltroni è tifoso della Juventus e ama alla follia il cinema d’autore), ma risulta davvero impossibile credere a un tredicenne che ha paura dei social e idolatra I quattrocento colpi (1959) di Truffaut o La prima notte di quiete (1972) di Zurlini. Per non parlare del flusso ininterrotto di riferimenti, molti dei quali diegetici e interni alle singole scene attraverso schermi o televisioni, al cinema italiano più nobile: un citazionismo da tappezzeria di un infantilismo (lui sì) davvero sconcertante, che scomoda nella maniera più retorica possibile Scola e Mastroianni, Novecento di Bertolucci e un posticcio pellegrinaggio nel cinema riminese Fulgor, amato da Fellini, per poi virare addirittura sul labirinto di Harry Potter e il calice di fuoco (2005). In colonna sonora Stella Stai di Umberto Tozzi, un brano de Lo Stato Sociale scritto appositamente per il film, Sempre lo stesso, sempre diverso, e l’inedito di Lucio Dalla Almeno pensami, da lui stesso cantato. Il titolo s’ispira a un celebre brano di Ivano Fossati, altro totem di Veltroni. Cameo, decisamente tutto da scoprire, di Jean-Pierre Léaud.
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