La congiura dei boiardi
Ivan Groznyy. Skaz vtoroy: Boyarskiy zagovor
1958
Paese
Urss
Generi
Storico, Biografico
Durata
88 min.
Formati
Colore, Bianco e Nero
Regista
Sergej Michajlovič Ejzenstejn
Attori
Nikolai Cherkasov
Serafima Birman
Pavel Kadochnikov
Mikhail Zharov
Amvrosij Bučma
Vsevolod Pudovkin
Mikhail Kuznetsov
Aleksandr Mgebrov
Andrej Abrikosov
Dopo il volontario esilio in convento, lo zar Ivan IV (Nikolai Cherkasov) torna a Mosca e deve fronteggiare un complotto organizzato dai boiardi. Ivan scopre che a capo della congiura ai suoi danni ci sono sua zia Efrosinia (Serafima Birman) e il di lei figlio, l'inetto Vladimir (Pavel Kadochnikov). Ripudiato anche dall'amico Kolychev (Andrei Abrikosov), divenuto metropolita di Mosca con il nome di Filippo, Ivan organizza un astuto piano per eliminare i suoi oppositori. Secondo capitolo del dittico dedicato allo zar Ivan IV, realizzato nel 1946 ma osteggiato da Stalin che vide in questo film una critica al proprio autoritarismo, vietandone la distribuzione in sala. Solo nel 1958, dopo la morte di Ėjzenštejn e Stalin e a due anni dal XX congresso del Partito Comunista, la pellicola poté circolare liberamente. In questo secondo episodio, Ėjzenštejn accentua i tratti più controversi del personaggio di Ivan, despota sempre più crudele e solo che, non riuscendo a farsi amare, sceglie di essere temuto. I toni da tragedia shakespeariana già presenti nel primo film in questo caso si esplicitano ulteriormente e sottolineano l'efferatezza e l'abiezione morale che unisce potenziali vittime e potenziali carnefici, congiurati e bersagli, tutti accomunati da una sete di potere che può essere soddisfatta solo con il sangue. La demitizzazione dello zar passa attraverso un allestimento immaginifico che esalta le tonalità più scure, i primi piani che denotano una fragilità antitetica alla spavalderia esibita e i numerosi contrasti visivi e sonori (esemplare in tal senso la colonna sonora di Prokof'ev) tra forma e contenuto che evidenziano le contraddizioni del protagonista, eroe fragile che si nasconde dietro una facciata risoluta. Il film contiene anche due sequenze a colori (il banchetto che porta all'investitura fittizia di Vladimir e il monologo finale) in cui il regista dà libero sfogo al proprio estro sperimentale e ancora una volta riflette sulla messa in scena cinematografica come veicolo di quella grande messa in scena, teatrale e barocca, che è l'esercizio del potere. Gran parte del materiale girato per il terzo film della saga (La crociata della Livonia), rimasto incompiuto, venne distrutto subito dopo la morte del regista.
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