Storia del grande pensatore musulmano Averroè (Nour El-Sherif), della sua lotta a favore della libertà e della ragione contro gli integralismi religiosi. Film storico che diventa chiara metafora del presente, o meglio che coglie la lotta, lunga come la storia umana, tra estremismi e ragione. Oltre a essere una precisa ricostruzione storica e un omaggio alla figura del grande pensatore musulmano, può anche quindi essere letto come denuncia più vasta e a-temporale del fondamentalismo religioso: musulmano e non solo, come dimostra l'apertura dedicata alla persecuzione dei catari da parte della Chiesa. La sagacia di questo poderoso trattato storico e politico, che avanza col passo da fondista senza però diventare (quasi) mai prolisso, è dovuta innanzitutto al fatto che si sono evitati manicheismi: lo stesso Averroè è rappresentato in maniera, ovviamente, positiva, ma non priva di debolezze umane. Cosa che aumenta la sua caratura. Altro personaggio dipinto al livello della miglior tragedia, e descritto con una complessità che lo eleva dall'essere semplicemente un “cattivo”, è il califfo Al Mansour (Mahmoud Hemida). Evidente la varietà dei toni che accompagna la tragedia storica: il film sfiora spesso il musical, con la musica e la forza travolgente del ballo come metafora della libertà, e sporadicamente accenna, con la vivacità e l'ironia di certi dialoghi, alla commedia familiare. Film chiaramente a tesi, con qualche didascalismo e qualche superflua sottolineatura tematica di concetti già chiari, ma comunque efficace. Presentato in concorso al Festival di Cannes.