Disco Boy
Disco Boy
2023
Paesi
Francia, Polonia, Belgio, Italia
Genere
Drammatico
Durata
92 min.
Formato
Colore
Regista
Giacomo Abbruzzese
Attori
Franz Rogowski
Morr Ndiaye
Laëtitia Ky
Leon Lucev
Michal Balicki
Aleksei (Franz Rogowski) è un giovane rifugiato che parte dalla Bielorussia per raggiungere la Francia e arruolarsi nella Legione Straniera. Il giovane viene presto mandato in Niger dove il suo destino si intreccerà con quello di un ribelle locale che ha come missione quella di salvare il suo villaggio dallo sfruttamento.
Esordio nel lungometraggio di finzione di Giacomo Abbruzzese, regista nato a Taranto nel 1983, che si era però già messo in mostra con il documentario America del 2020, nominato ai premi César. Mescolando tante influenze di autori che giocano con le luci al neon e con certe sperimentazioni visive (Nicolas Winding Refn, ad esempio), Abbruzzese crea un esordio ambizioso, ricco di fascino ma anche di pesanti cadute, che richiama però soprattutto il cinema di Claire Denis e, soprattutto, Beau travail, con cui c’è un evidente collegamento soprattutto nella parte conclusiva. Il rischio che il regista si prende è quello di sfiorare un vero e proprio “esercizio di stile”, anche a causa di alcuni passaggi inutilmente virtuosistici per dimostrare troppo chiaramente il suo talento, ma allo stesso tempo il coraggio dimostrato lo porta subito a essere un prodotto poco convenzionale e ricco di tante suggestioni che raramente si trovano in un’opera prima. C’è tanto su cui pensare e riflettere attorno a questo lungometraggio che, seppur altalenante, lascia più di uno spunto – anche dal versante prettamente politico – su cui ragionare al termine della visione. La resa può anche apparire del tutto inconcludente, ma lungo il percorso ci sono talmente tante sequenze degne di nota che il risultato non è da sottovalutare. Ottima prova di Franz Rogowski in un ruolo non semplice. Il film è stato presentato in concorso al Festival di Berlino 2023.
Esordio nel lungometraggio di finzione di Giacomo Abbruzzese, regista nato a Taranto nel 1983, che si era però già messo in mostra con il documentario America del 2020, nominato ai premi César. Mescolando tante influenze di autori che giocano con le luci al neon e con certe sperimentazioni visive (Nicolas Winding Refn, ad esempio), Abbruzzese crea un esordio ambizioso, ricco di fascino ma anche di pesanti cadute, che richiama però soprattutto il cinema di Claire Denis e, soprattutto, Beau travail, con cui c’è un evidente collegamento soprattutto nella parte conclusiva. Il rischio che il regista si prende è quello di sfiorare un vero e proprio “esercizio di stile”, anche a causa di alcuni passaggi inutilmente virtuosistici per dimostrare troppo chiaramente il suo talento, ma allo stesso tempo il coraggio dimostrato lo porta subito a essere un prodotto poco convenzionale e ricco di tante suggestioni che raramente si trovano in un’opera prima. C’è tanto su cui pensare e riflettere attorno a questo lungometraggio che, seppur altalenante, lascia più di uno spunto – anche dal versante prettamente politico – su cui ragionare al termine della visione. La resa può anche apparire del tutto inconcludente, ma lungo il percorso ci sono talmente tante sequenze degne di nota che il risultato non è da sottovalutare. Ottima prova di Franz Rogowski in un ruolo non semplice. Il film è stato presentato in concorso al Festival di Berlino 2023.
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