Dogman
Dogman
2023
Paese
Francia
Genere
Drammatico
Durata
114 min.
Formato
Colore
Regista
Luc Besson
Attori
Caleb Landry Jones
Jojo T. Gibbs
Christopher Denham
Clemens Schick
Grace Palma
Giovane tormentato e dal passato burrascoso, affetto da una grave menomazione fisica, Douglas (Caleb Landry Jones) è costretto a fare i conti con un'esistenza marginale calata in una profonda zona d'ombra della vita sociale. A causa di continui traumi che lo hanno portato a rifiutare la fiducia negli esseri umani, trova conforto solo nella compagnia dei suoi amatissimi cani.
Ex enfant prodige del nuovo cinema francese degli anni '80, Luc Besson ha spesso faticato a trovare una propria identità cinematografica, soprattutto dopo gli apici artistici raggiunti negli anni '90, in particolare con il neo-noir Nikita (1990) e il gangster mélo Léon (1994). Ed è proprio a questo glorioso decennio che sembra guardare nelle reference stilistiche di questo Dogman, un racconto di emarginazione capace comunque di aderire alla contemporaneità nell'affrontare il riscatto sociale e l'affermazione dell'identità individuale al di là del gender. Il risultato è la parabola di un reietto che vive di rutilanti intuizioni visive, giocando di base con un certo mood dark vicino ai comic movie autoriali più oscuri e coraggiosi, Joker di Todd Phillips su tutti. I temi forti sono sbattuti in faccia allo spettatore senza andare troppo per il sottile e il rischio di scadere in efferatezze gratuite, con un'eccessiva spettacolarizzazione della violenza, è dietro l'angolo, ma Besson sa muoversi tra i generi, suggestionando con trovate a effetto più o meno riuscite; se alcune risultano di facile presa, come le esibizioni in veste di drag queen di Douglas, costretto a (ri)nascere continuamente dalle proprie ceneri, altre sembrano essere portate avanti in maniera più articolata, soprattutto quando si tessono le fila per arrivare all'emozionante finale cristologico (dopotutto "God", letto al contrario, diventa "dog"). Buona la costruzione a suo modo geometrica della narrazione, che sposta l'attenzione tra vessazioni del passato e sofferenze del presente, e decisamente efficaci i tempi di montaggio. Alcuni passaggi, in particolare nella prima parte, quando emergono momenti shock di violenza domestica, sono un po' grossolani, ma l'idea di riflettere sulla continua "messa in scena" di un'esistenza ai margini costretta a muoversi su un palcoscenico di dolore e desiderio di riscatto, funziona. Colonna sonora originale del grande Eric Serra, ma ad avere un ruolo cruciale sono le hit pop inserite con precisione chirurgica. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Ex enfant prodige del nuovo cinema francese degli anni '80, Luc Besson ha spesso faticato a trovare una propria identità cinematografica, soprattutto dopo gli apici artistici raggiunti negli anni '90, in particolare con il neo-noir Nikita (1990) e il gangster mélo Léon (1994). Ed è proprio a questo glorioso decennio che sembra guardare nelle reference stilistiche di questo Dogman, un racconto di emarginazione capace comunque di aderire alla contemporaneità nell'affrontare il riscatto sociale e l'affermazione dell'identità individuale al di là del gender. Il risultato è la parabola di un reietto che vive di rutilanti intuizioni visive, giocando di base con un certo mood dark vicino ai comic movie autoriali più oscuri e coraggiosi, Joker di Todd Phillips su tutti. I temi forti sono sbattuti in faccia allo spettatore senza andare troppo per il sottile e il rischio di scadere in efferatezze gratuite, con un'eccessiva spettacolarizzazione della violenza, è dietro l'angolo, ma Besson sa muoversi tra i generi, suggestionando con trovate a effetto più o meno riuscite; se alcune risultano di facile presa, come le esibizioni in veste di drag queen di Douglas, costretto a (ri)nascere continuamente dalle proprie ceneri, altre sembrano essere portate avanti in maniera più articolata, soprattutto quando si tessono le fila per arrivare all'emozionante finale cristologico (dopotutto "God", letto al contrario, diventa "dog"). Buona la costruzione a suo modo geometrica della narrazione, che sposta l'attenzione tra vessazioni del passato e sofferenze del presente, e decisamente efficaci i tempi di montaggio. Alcuni passaggi, in particolare nella prima parte, quando emergono momenti shock di violenza domestica, sono un po' grossolani, ma l'idea di riflettere sulla continua "messa in scena" di un'esistenza ai margini costretta a muoversi su un palcoscenico di dolore e desiderio di riscatto, funziona. Colonna sonora originale del grande Eric Serra, ma ad avere un ruolo cruciale sono le hit pop inserite con precisione chirurgica. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
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