Il dottor Mabuse
Dr. Mabuse, der Spieler
1922
Paese
Germania
Generi
Drammatico, Noir, Azione
Durata
242 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Fritz Lang
Attori
Rudolf Klein-Rogge
Bernhard Goetzke
Alfred Abel
Gertrude Welcker
Paul Richter
Georg John
Aud Egede-Nissen
Dietro l'apparenza di rispettabile psicanalista, il dottor Mabuse (Rudolf Klein-Rogge) nasconde un animo maligno e perverso. Dedito a ogni tipo di crimine e truffa, riesce ad accaparrarsi una fortuna, ma l'amore per la contessa Dusy Told (Gertrude Welcker) e l'assedio del procuratore von Welk (Bernhard Goetzke) segneranno la sua rovina.
Fritz Lang adatta con la moglie Thea von Harbou l'omonimo romanzo di Norbert Jacques, omaggiando la dilagante passione per la suddivisione in puntate (il film fu articolato in due parti: Dr. Mabuse, der Spieler. Erster Teil: Der große Spieler. Ein Bild der Zeit, ovvero Il grande giocatore. Un quadro dell'epoca, e Dr. Mabuse, der Spieler. Zweiter Teil: Inferno. Ein Spiel von Menschen unserer Zeit, traducibile come Inferno. Un dramma di uomini della nostra epoca) e metaforizzando le condizioni di miseria e disperazione della Germania del dopoguerra, con più di un riferimento alla storia futura (le capacità ipnotiche di Mabuse come profezia dell'ascesa nazista, che creano un parallelismo evidente con Il gabinetto del dottor Caligari, diretto da Robert Wiene nel 1920). Lang si inserisce intelligentemente nelle coordinate artistiche dell'epoca, con sequenze puramente espressioniste (la cena al ristorante Schramm) esaltate dalle magistrali scenografie di Otto Hunte, Erich Kettelhut, Karl Stahl-Urach e Karl Vollbrecht, prendendosene al tempo sottilmente gioco («Cosa ne pensa dell'Espressionismo, dottore?»; «L'Espressionismo è un mero passatempo, ma perché no? Al giorno d'oggi, tutto è un passatempo»). Una notevole maestria tecnica (il montaggio serrato, la cura maniacale per i dettagli, il ritmo incessante) compensa la lieve carenza di struttura narrativa e il personaggio di Mabuse, sorta di superuomo nietzschiano dai mille volti, simbolo di una distruzione dell'Io ormai incombente agli inizi del XX secolo, è destinato a imprimersi indelebilmente nella memoria collettiva. Fotografia di Carl Hoffmann. Tra le varie versioni, ne esiste una di 271 minuti, opera del restauro compiuto dalla Fondazione Murnau.
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