La storia del giovane Lee Jun Fan, meglio conosciuto come Bruce Lee (Jason Scott Lee), dai primi anni a Hong Kong fino alla misteriosa scomparsa avvenuta nel luglio del 1973.
Per quanto abbia avuto una carriera breve, Bruce Lee è riuscito con una manciata di film a sdoganare il cinema d'arti marziali di Hong Kong e, allo stesso tempo, a trasformare la sua figura a leggendaria icona del genere. Basandosi sul libro della vedova di Lee, Linda Cadwell, Rob Cohen dirige un biopic che sfiora soltanto la superficie di una figura ben più complessa di quel che si possa immaginare, preferendo lasciare spazio alla superstizione (il demone che lo perseguita fin da bambino) e al lato action della pellicola (ricalcando nei combattimenti le storiche sequenze dei suoi film). Trattandosi di un prodotto hollywoodiano, probabilmente, non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso, anche se un maggiore approfondimento del rapporto di Lee con le arti marziali (l'invenzione dello stile Jeet Kune Do è solo la punta dell'iceberg) e in generale del triennio 1971-1973, quando la sua fama è esplosa a livello internazionale, avrebbe sicuramente giovato a una pellicola che fatica a prendere posizioni forti. Il ritmo è discreto, soprattutto nella parte centrale, ma la chiusa frettolosa sulla sua morte è un'ennesima nota stonata che avrebbe potuto essere evitata citando, almeno, il progetto da lui fortemente voluto, Game of Death, che purtroppo non riuscì mai a completare.