Clément (Vincent Macaigne), fragile e ossessivo, lavora come comparsa al cinema e ama platealmente Mona (Golshifteh Farahani), occupata in un chiosco della Gare du Nord. Clément vorrebbe trattenerla a Parigi ma Mona ha un treno da prendere ogni sera. Detenuta in semilibertà, Mona nasconde il suo segreto e rifiuta l'amore di Clément. A convincerla ci prova Abel (Louis Garrel), benzinaio col vizio della poesia venuto in soccorso dell'amico.
Triangolo sentimentale sfaccettato e non banale, Due amici segna l’esordio alla regia dell’attore e figlio d’arte Louis Garrel dopo il cortometraggio La règle de trois (2011), del quale è una palese estensione, tanto da riprenderne l’intreccio e anche l’affiatato e magnetico trittico di interpreti. La leggerezza del film, carica di disperazione e nevrosi ma anche di vitalità e sotterranea malinconia, rivela fin da subito il giusto passo e uno sguardo peculiare, focalizzato su un caos morale fatto di affetti e ossessioni, legami amicali e utopie sentimentali. Col passare dei minuti le sbandate da mélo scomposto, non sempre legittimate, pregiudicano tuttavia l’esito complessivo e il quadro generale acquisisce dinamiche e risoluzioni dai contorni isterici e schizofrenici, poco centrati e spesso sfasati. Limiti che tuttavia non pregiudicano del tutto un’opera prima animata da sincera commozione, autentica e disturbante stranezza e accensioni emozionanti e tutt’altro che trascurabili nel loro coinvolgimento epidermico e senza grossi filtri. La frase “non è molto originale: è per amore”, pronunciata da Abel a proposito del suo “amico” Clément, riassume apertamente lo spirito di un film sottilmente erotico e indubbiamente spudorato, senz’altro difettoso ma graziato da ottime interpretazioni: da un sofferto e misurato Garrel a una misteriosa e ondivaga Farahani passando per un’eccezionale Vincent Macaigne che, attraverso il personaggio più debole e meno conciliato dei tre, ha modo di esprimere tutto il suo notevole talento mimico con momenti di grande recitazione (si veda la scena della dichiarazione d’amore a Mona nel contesto di una rievocazione del maggio ’68). Ottima anche la colonna sonora, in cui svettano I Fell in Love with a Dead Boy di Antony & the Johnsons e Easy Easy di King Krule, pretesto per la scena in assoluto più delicata e seducente, che maneggia lo spirito formale della Nouvelle Vague più istintiva declinandola in chiave contemporanea. Presentato alla Semaine de la Critique del 2015 e arrivato in sala in Italia con quattro anni di ritardo, a stretto giro rispetto all’uscita dell’opera seconda di Garrel, L’uomo infedele (2018), al confronto molto meno interessante e carica di stimoli.