Gli indifferenti
2020
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
104 min.
Formato
Colore
Regista
Leonardo Guerra Seràgnoli
Attori
Valeria Bruni Tedeschi
Edoardo Pesce
Vincenzo Crea
Beatrice Grannò
Giovanna Mezzogiorno
Blu Yoshimi Di Martino
I membri di una famiglia della Roma benestante reagiscono ognuno a modo suo alla crisi finanziaria che minaccia il loro status sociale. Mariagrazia (Valeria Bruni Tedeschi), vedova, ha una relazione con Leo (Edoardo Pesce), un affarista privo di scrupoli, ed è la madre di due figli avuti dal defunto marito: Carla (Beatrice Grannò), da cui Leo è fortemente attratto, e Michele (Vincenzo Crea), consapevole del tentativo dell'amante della madre di sedurre la sorella ma fondamentalmente indifferente e intento a celare tutto il suo disprezzo.
L’opera diretta da Leonardo Guerra Seràgnoli, tratta dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, tenta di attualizzare il tema della decadenza della borghesia, ambientando le vicende ai giorni nostri e staccandosi dall’originale racconto di una famiglia agiata degli anni ’20. Probabilmente, una delle trasposizioni cinematografiche, tra le tante realizzate dai numerosi romanzi dello scrittore romano, meno riuscite ma non per questo motivo da sottovalutare. La sceneggiatura è un po’ carente di quella tensione emotiva e di quella drammaticità necessarie per raccontare una crisi familiare e una crisi dei valori della contemporaneità, in cui gli individui si relazionano tra loro per scopi utilitaristici ed egoistici. La scenografia è funzionale a svelare la psicologia dei personaggi e viene valorizzata nel modo corretto: l’ambiente casalingo funge da specchio che riflette una bellezza apparente ed è spesso intriso di contrasti tra luci e ombre. Il benessere individuale ed economico è l’unico elemento che conta davvero; ecco, dunque, l’inizio della disgregazione del nucleo familiare composto da Leo, virile e brutale, da Mariagrazia, oppressa da inadeguatezza e solitudine, da Carla, fragile e insicura e da Michele, mosso da un sentimento d’indifferenza nei confronti della vita: un microcosmo borghese che diventa metafora dell’intera società. Discrete, anche se troppo misurate, le interpretazioni degli attori che non riescono a sostenere un film già di per sé sottotono, in quanto non sufficientemente in grado di sprigionare tutta la potenzialità di un soggetto parecchio robusto. Nel finale, i familiari si travestono per una festa in maschera, decisi a rinunciare ai propri sentimenti e a reprimere le vere emozioni: una negazione del sé a vantaggio delle apparenze e di un benessere finanziario irrinunciabile.
L’opera diretta da Leonardo Guerra Seràgnoli, tratta dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, tenta di attualizzare il tema della decadenza della borghesia, ambientando le vicende ai giorni nostri e staccandosi dall’originale racconto di una famiglia agiata degli anni ’20. Probabilmente, una delle trasposizioni cinematografiche, tra le tante realizzate dai numerosi romanzi dello scrittore romano, meno riuscite ma non per questo motivo da sottovalutare. La sceneggiatura è un po’ carente di quella tensione emotiva e di quella drammaticità necessarie per raccontare una crisi familiare e una crisi dei valori della contemporaneità, in cui gli individui si relazionano tra loro per scopi utilitaristici ed egoistici. La scenografia è funzionale a svelare la psicologia dei personaggi e viene valorizzata nel modo corretto: l’ambiente casalingo funge da specchio che riflette una bellezza apparente ed è spesso intriso di contrasti tra luci e ombre. Il benessere individuale ed economico è l’unico elemento che conta davvero; ecco, dunque, l’inizio della disgregazione del nucleo familiare composto da Leo, virile e brutale, da Mariagrazia, oppressa da inadeguatezza e solitudine, da Carla, fragile e insicura e da Michele, mosso da un sentimento d’indifferenza nei confronti della vita: un microcosmo borghese che diventa metafora dell’intera società. Discrete, anche se troppo misurate, le interpretazioni degli attori che non riescono a sostenere un film già di per sé sottotono, in quanto non sufficientemente in grado di sprigionare tutta la potenzialità di un soggetto parecchio robusto. Nel finale, i familiari si travestono per una festa in maschera, decisi a rinunciare ai propri sentimenti e a reprimere le vere emozioni: una negazione del sé a vantaggio delle apparenze e di un benessere finanziario irrinunciabile.
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