Un viaggio nel pianeta industriale di Marghera, cuore meccanico della Laguna di Venezia, che da cento anni non smette di pulsare: un mondo in bilico tra il suo ingombrante passato e il suo futuro incerto, dove lavorano operai di 60 nazionalità diverse.
Il regista Andrea Segre si cimenta un film documentario d’impatto non indifferente, che s’immerge nel ventre d’acciaio di Marghera e delle grandi navi in costruzione, ma anche nelle ombre dei bastioni abbandonati del Petrolchimico. Sotto la lente del suo sguardo, clinico ma mai glaciale, finiscono così gli altiforni e le ciminiere delle raffinerie, il nuovo mondo telematico di Vega e le centinaia di container che navi intercontinentali scaricano senza sosta ai bordi dell’immobile Laguna. Dettagli ai quali si affianca organicamente il racconto minimale e sommesso, privato e ricostruito per cenni, delle vite dei personaggi più disparati: dagli operai ai manager, passando per i camionisti e per la cuoca dell’ultima trattoria ancora residuale del Pianeta Marghera. Il risultato è un’indagine ambientale, umana e politica di spiccata acutezza e intelligenza, che delinea uno spaccato su una storia di progresso industriale interdetto e troncato, esposto oggigiorno ai flussi più scomposti della contemporaneità. L’occhio di Segre ondeggia a metà tra l’antropologia radicale, distaccata e corale del cinema di Gianfranco Rosi e il radicale formalismo, molto vicino allo stile di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, dedito a immortalare gli scheletri mostruosi e le strutture imponenti degli oggetti, coniugando queste due istanze in una sintesi misteriosa e affascinante, ben esemplificata dal titolo quasi esoterico, ma non per questo non amara e disincantata. Segre evita però saggiamente di pronunciarsi in giudizi vistosi, facendo parlare eloquentemente il sapiente distacco delle proprie ragguardevoli scelte espressive, che solo in rare occasioni smarriscono in parte il focus sul materiale del doc procedendo senza un’uniformità di tracciato lievemente controproducente. Il titolo originario doveva essere semplicemente Marghera. Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.