Periferia di Buenos Aires, il professore di letteratura Lucio (J. Minujin) accetta di fare il supplente in un liceo della zona. Lui avrebbe alt(r)e ambizioni ma, suo malgrado, dovrà imparare a relazionarsi con i suoi nuovi studenti, più impegnati nella lotta per la sopravvivenza che nello studio. Inoltre, il padre del professore, detto il Cileno (A. Castro), è alle prese con la costruzione di una mensa per ragazzi poveri ma i problemi di salute e le interferenze del boss della malavita locale, lo costringeranno a chiedere aiuto al figlio per realizzare il suo sogno.

Il regista classe '76, Diego Lerman, ci accompagna in questo viaggio per le desolate vie della capitale argentina dove l'unica bellezza possibile sembra essere ricercabile nell'anima della persone di buona volontà. La messa in scena, che in alcuni passaggi assume il tono documentaristico, in altri si concede qualche virtuosismo visivo, come quando vediamo il protagonista agire attraverso delle barriere di vetro ( ci allontanano o proteggono da quei luoghi?); in altre sequenze vediamo insistere l'immagine su dei ponti, forse necessari simbolicamente per colmare le distanze e comprendere il disagio di chi vive in condizioni di precarietà. Altro aspetto che il film sembra indagare è quello delle dinamiche nei rapporti umani, che siano essi familiari, rapporto genitore-figlio, o tra colleghi di lavoro; rapporti e relazioni che vengono messi alla prova da una realtà abitativa complicata e di cui osserviamo le evoluzioni. Seppur qualche scena possa apparire già vista e qualche intreccio della trama non adeguatamente approfondito, la pellicola mantiene un buon ritmo per tutta la sua durata e alla fine, come in una poesia, ogni versetto troverà il suo posto. Convincente la prova degli attori, Minuji su tutte.