L'innocente
1976
Infinity+
Paesi
Italia, Francia
Genere
Drammatico
Durata
125 min.
Formato
Colore
Regista
Luchino Visconti
Attori
Giancarlo Giannini
Laura Antonelli
Jennifer O'Neill
Rina Morelli
Massimo Girotti
Marc Porel
L'aristocratico Tullio Hermill (Giancarlo Giannini), uomo dissoluto privo di moralità, non nasconde la relazione adultera che coltiva con la contessa Teresa Raffo (Jennifer O'Neill). Nel momento in cui scopre il tradimento della moglie Giuliana (Laura Antonelli), vendica l'affronto sul figlio che la donna porta in grembo.
Ultimo film di Luchino Visconti, costretto dalla malattia sulla sedia a rotelle già durante le riprese. Presentato al Festival di Cannes due mesi dopo la scomparsa del regista milanese, L'innocente rappresenta il canto del cigno di un autore che ha sempre riportato sullo schermo il suo ideale di vita intriso di arte, musica, letteratura e teatro. Imperfetta nel montaggio a causa delle difficoltà nella lavorazione, l'opera è una personale trasposizione dell'omonimo romanzo (1982) di Gabriele d'Annunzio, permeata da una tangibile atmosfera di tragedia incombente: le consuete dinamiche di disgregazione familiare della poetica viscontiana trovano terreno fertile nella pagina scritta del letterato decadente per eccellenza. Gli interni arredati con cura maniacale e le dimore lussuose della Roma umbertina costituiscono la sontuosa cornice di uno studio di caratteri gelido e distaccato, privo di qualsiasi trasporto emotivo. Il superomismo del protagonista viene minato nel tragico finale, specchio di un sentimento di rassegnazione e disillusione che pervade lo stesso Visconti.
Ultimo film di Luchino Visconti, costretto dalla malattia sulla sedia a rotelle già durante le riprese. Presentato al Festival di Cannes due mesi dopo la scomparsa del regista milanese, L'innocente rappresenta il canto del cigno di un autore che ha sempre riportato sullo schermo il suo ideale di vita intriso di arte, musica, letteratura e teatro. Imperfetta nel montaggio a causa delle difficoltà nella lavorazione, l'opera è una personale trasposizione dell'omonimo romanzo (1982) di Gabriele d'Annunzio, permeata da una tangibile atmosfera di tragedia incombente: le consuete dinamiche di disgregazione familiare della poetica viscontiana trovano terreno fertile nella pagina scritta del letterato decadente per eccellenza. Gli interni arredati con cura maniacale e le dimore lussuose della Roma umbertina costituiscono la sontuosa cornice di uno studio di caratteri gelido e distaccato, privo di qualsiasi trasporto emotivo. Il superomismo del protagonista viene minato nel tragico finale, specchio di un sentimento di rassegnazione e disillusione che pervade lo stesso Visconti.
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