Biografia del celebre scienziato russo Michurin (Grigori Belov), negli anni sia precedenti che successivi alla rivoluzione d'Ottobre. Artefice della teoria del “minciurismo”, che entrava in esplicito conflitto con il lavoro scientifico di Mendel, opponendosi tanto a esso, dichiaratamente, quanto al clero, in maniera più indiretta. La parabola esistenziale di uno dei più celebri uomini di scienza dell'Unione Sovietica diventa, nelle mani del celebre regista Aleksadr Dovženko, l'ennesimo compendio, stavolta palesemente allegorico e traslato, sull'opposizione rivoluzionaria tra il singolo e un sistema preordinato di valori da sovvertire e ribaltare di segno. Un ricercatore dedito e appassionato, Michurin, che ebbe modo, tempo e possibilità di compiere ricerche molto dettagliate su svariate piante, segnando così la cultura del suo tempo e imponendo la sua voce autarchica. L'autore ne firma un ritratto lineare e opportuno, anche se il film, così com'è arrivato al pubblico, rende molto al di sotto delle potenzialità che avrebbe potuto sprigionare, probabilmente a causa di un'ingerenza un po' troppo marcata delle autorità staliniste, invasive a tal punto da spingere il regista a riconoscere la paternità dell'opera solo in parte. Rimane, nonostante tali limiti, un'opera scrupolosa e attenta, cosciente nella messa a fuoco di dettagli in apparenza irrilevanti ma in realtà sostanziali.