New York, 1958. L'ingenuo e giovanissimo Norville Barnes (Tim Robbins), proveniente da una cittadina dell'Indiana, viene eletto presidente-fantoccio di un'importante azienda rimasta improvvisamente senza guida. In poco tempo, Norville consegna ai posteri l'idea dell'hula hoop, ma si scontra con il mefistofelico dirigente Sidney J. Massburger (Paul Newman). Partendo da una sceneggiatura scritta a sei mani, con la collaborazione dello storico amico Sam Raimi, i Coen costruiscono un prodotto profondamente cinefilo che raccoglie suggestioni, citazioni e rimandi al cinema di Frank Capra e al genere della commedia sofisticata anni trenta e quaranta. Il risultato però è fin troppo ammiccante e consapevole, divertito ma anche piuttosto autoreferenziale, tanto attento alla perfezione formale quanto compiaciuto e manierista. Alcuni spunti sono godibili e interessanti, ma quello che manca alla pellicola è il consueto guizzo surreale capace di dare al tutto una dimensione più stratificata di quella di un semplice (e leggermente superficiale) divertissement. È un gran peccato, perché Tim Robbins ci mette il mestiere, Paul Newman lascia il segno e funziona benissimo anche Jennifer Jason Leigh, nei panni di una giornalista infiltrata nell'azienda. Memorabili comunque la sequenza in cui un ragazzino scopre l'uso dell'hula hoop e la suggestiva colonna sonora di Carter Burwell che rielabora in maniera personale brani di Aram Khachaturian.