Mistress America
Mistress America
2015
Paesi
Usa, Brasile
Genere
Commedia
Durata
84 min.
Formato
Colore
Regista
Noah Baumbach
Attori
Greta Gerwig
Lola Kirke
Michael Chernus
Cindy Cheung
Joel Garland
Shana Dowdeswell
Brooke (Greta Gerwig), ragazza libera, spregiudicata e avventurosa, decide di prendere sotto la sua ala protettrice la più giovane Tracy Fishko (Lola Kirke), appena sbarcata a New York, che sta per diventare la sua sorellastra e non ha ancora tratto dalla vita e dal glam newyorkese l’impatto positivo e l'energia sperati.

Cantore e portavoce della generazione hip, Noah Baumbach, dopo il lucidissimo e perfino spietato Giovani si diventa (2014), realizza quasi in contemporanea un altro film dalle ambizioni molto simili, con protagonista la musa e compagna di vita Greta Gerwig. Puntando su una confezione riflessiva, tagliente e nevrotica ma senza la patina retrò e alienante di Frances Ha (2012), Baumbach mette a fuoco e fa saettare l’uno contro l’altro due diversi sguardi femminili su una generazione schiacciata dal feroce disincanto di sogni sfuggenti e dolorosi e di ansie da prestazione all’epoca della visibilità e della socialità di massa: elementi i quali, se gonfiati da un contesto sociale e individuale, possono generare mostri simili al personaggio della Gerwig, mai così sgradevole, verbosa, pedante e insieme respingente. Il regista di Brooklyn la elegge, fin dal titolo, a totem e a bersaglio massimo della narrazione, anche se di fatto il punto di vista centrale su cui soffermarsi è quello della futura sorellastra Tracy, che dalla volubile fumosità e iperattività di Brooke trae ispirazione per uscire da una palude creativa e personale, salvo poi ricrollare sotto il peso della realtà e del bisogno di trovare sempre e comunque un colpevole da stigmatizzare, non importa nemmeno chi e quale: una contingenza propria della contemporaneità, che nessun idealistico sogno artistico-letterario è in grado di evitare. Baumbach non rinuncia a leziosità e fastidiosetti compiacimenti propri del suo cinema (spesso a rischio ombelicalità), ma si conferma in una fase ispirata della sua carriera, portata avanti attraverso film più cinici, amari e claustrofobici di ciò che l’imbellettamento del suo stile vorrebbe suggerire. Notevole il finale, in cui si demistificano le ipocrisie di tutte le parti in causa. Gustosa citazione letteraria: il decalogo di domande “scomode" ai danni di Tracy, curiosamente, ricorda molto da vicino la lista di quesiti ai quali veniva sottoposto dalle autorità ebraiche delle sua vecchia scuola il protagonista/alter ego Nathan Zuckerman nel romanzo Lo scrittore fantasma di Philip Roth. Colonna sonora, al contempo martellante, soffusa e malinconica, di Dean Wareham e Britta Phillips. Passato in Italia alla Festa del Cinema di Roma.
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