Una donna (Mélanie Laurent) si risveglia all’interno di una misteriosa capsula criogenica. Non sa come ci sia finita e come poterne uscire: mentre l’ossigeno a disposizione continua a diminuire, la sua unica speranza sembra essere un’intelligenza artificiale che potrebbe aiutarla.

Dopo alcuni film che si rifanno all’immaginario del cinema di serie B (come Piranha 3D e Crawl), il francese Alexandre Aja dirige un survival-movie che tocca la fantascienza filosofica e alza l’asticella delle ambizioni del regista francese. Oxygène è una sfida, non solo per il personaggio principale ma anche dal lato tecnico: fatta eccezione per brevi momenti relativi ai flashback, il film è tutto ambientato all’interno della capsula e Aja riesce a far sentire tutta la tensione in una pellicola che segue il tempo reale della storia. Niente di troppo originale, naturalmente, ma la confezione è solida e il film fa bene il suo dovere tanto dal lato dell’intrattenimento quanto da quello di alcuni contenuti proposti: il tema dell’isolamento tocca l’attualità e non mancano momenti di forte umanità. Il copione calca troppo la mano con alcune svolte forzate, ma queste ultime si possono perdonare di fronte a uno spettacolo complessivamente di buona fattura, in cui il ritmo non cala mai e gli attori fanno egregiamente il loro lavoro: Mélanie Laurent regge ottimamente un ruolo complicato, ma colpisce anche Mathieu Amalric che dà la voce a MILO, l’intelligenza artificiale della capsula. Un film semplice ma incisivo, che sa dove deve e può arrivare senza perdersi in ambizioni eccessive, in cui la sensazione della claustrofobia viene provata anche dagli spettatori. Distribuito direttamente su Netflix.