Padre padrone
1977
Paese
Italia
Generi
Drammatico, Biografico
Durata
114 min.
Formato
Colore
Registi
Paolo Taviani
Vittorio Taviani
Attori
Omero Antonutti
Saverio Marconi
Marcella Michelangeli
Fabrizio Forte
Nanni Moretti
Marino Cenna
Stanko Molnar
Gavino Ledda (Fabrizio Forte) viene strappato alla scuola elementare dal violento padre Efisio (Omero Antonutti) perché badi al gregge di pecore. Ormai ventenne (Saverio Marconi) e ancora analfabeta, il ragazzo cerca di emigrare, senza successo. Costretto dal genitore ad arruolarsi nell'esercito, incontrerà un commilitone laureato (Nanni Moretti) e troverà lo slancio per terminare gli studi, ma infine la nostalgia e la voglia del confronto col vecchio padre lo spingeranno a tornare in Sardegna.
Aperto e chiuso dalla presenza del vero Gavino Ledda, che opera uno straniamento non inedito eppure mai così riuscito nelle opere dei Taviani, Padre padrone si basa sul romanzo omonimo, adattato “con la libertà necessaria” (secondo le parole dello stesso scrittore) dagli stessi registi. Il risultato è pregevole sotto molti punti di vista, in primo luogo per il perfetto equilibrio che si crea tra la restituzione verosimile del mondo agreste dell'epoca e la riflessione, sociologica e persino filosofica, sul rapporto fra generazioni. Grazie al ricco terreno offerto dal testo di partenza, i registi riescono a ottenere il meglio dalle loro invenzioni grottesche come dagli spunti lirici. Dal dialogo tra bimbo e capra alle esperienze sessuali con gli animali, fino alle esplosioni di violenza ottusa e immotivata: tutto, musica classica compresa, contribuisce al tratteggio di un affresco difficile da dimenticare. Ottima la prova di Omero Antonutti e per nulla esornativa la presenza di Ledda che gli porge nella prima scena il bastone e che riflette nel finale sul possibile egoismo che lo ha portato a tornare sull'isola. Esemplare la riproposizione dei volti dei compagni di scuola di Gavino, con annessa serie di disgrazie che si augurano per sfuggire al controllo dei padri e al destino di pastori. Vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes.
Aperto e chiuso dalla presenza del vero Gavino Ledda, che opera uno straniamento non inedito eppure mai così riuscito nelle opere dei Taviani, Padre padrone si basa sul romanzo omonimo, adattato “con la libertà necessaria” (secondo le parole dello stesso scrittore) dagli stessi registi. Il risultato è pregevole sotto molti punti di vista, in primo luogo per il perfetto equilibrio che si crea tra la restituzione verosimile del mondo agreste dell'epoca e la riflessione, sociologica e persino filosofica, sul rapporto fra generazioni. Grazie al ricco terreno offerto dal testo di partenza, i registi riescono a ottenere il meglio dalle loro invenzioni grottesche come dagli spunti lirici. Dal dialogo tra bimbo e capra alle esperienze sessuali con gli animali, fino alle esplosioni di violenza ottusa e immotivata: tutto, musica classica compresa, contribuisce al tratteggio di un affresco difficile da dimenticare. Ottima la prova di Omero Antonutti e per nulla esornativa la presenza di Ledda che gli porge nella prima scena il bastone e che riflette nel finale sul possibile egoismo che lo ha portato a tornare sull'isola. Esemplare la riproposizione dei volti dei compagni di scuola di Gavino, con annessa serie di disgrazie che si augurano per sfuggire al controllo dei padri e al destino di pastori. Vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes.
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