L'amicizia tra Pat Garrett (James Coburn) e Billy The Kid (Kris Kristofferson) finisce quando il primo diventa sceriffo ed è incaricato di arrestare il secondo, ostinatamente rimasto fuorilegge. La caccia non potrà che portare a uno scontro all'ultimo sangue.
«Mama, take this badge off of me/I can't use it anymore/it's getting dark, too dark to see». Quando i versi di Knockin' on Heaven's Door di Bob Dylan accompagnano una delle sequenze più dolorose dell'intera storia del genere, capiamo davvero come il cinema di Peckinpah sia un insieme di amarezza e poesia, crudeltà e pietas. Il western classico è “morto” con Il mucchio selvaggio (1969); ora c'è posto solo per il post-western, definitivamente smitizzato e antieroico. Accade così che l'episodio più celebre dell'epopea di frontiera (già portato sullo schermo nel 1943 con II mio corpo ti scalderà di Howard Hughes e Howard Hawks e nel 1958 con Furia selvaggia di Arthur Penn) venga narrativamente scarnificato e raccontato come una contrapposizione simbolica tra Ordine e Libertà, tra il vecchio Pat, ormai carnefice del Sistema, e il giovane ribelle Billy (con echi alla contemporaneità, evidenti nella comune proto-hippie). Li interpretano un eccellente James Coburn, che recita in sottrazione, e un efficace Kris Kristofferson. La violenza è dosata eppure implacabile, assurda, inevitabilmente destinata a posare una pietra tombale su un'amicizia leggendaria (filiale o forse omoerotica, poco importa) e, soprattutto, sulla vecchia America. Un film disteso e lirico, incorniciato dalle note bucoliche di Bob Dylan (anche interprete dello stralunato Alias) come se non fosse altro che una lunga ballata malinconica. Nonostante qualche passaggio autocompiaciuto, alla ricerca di una solennità talvolta forzata, le emozioni non mancano. Esistono due versioni alternative, lunghe rispettivamente 115 e 106 minuti.