Per un tentato suicidio la giovane disegnatrice di manga Atsumi (Haruka Ayase) è in coma da oltre un anno. Grazie a una sperimentale tecnologia neurologica chiamata “sensing”, il fidanzato Kōichi (Takeru Satō) affronta un viaggio nel suo inconscio per capire le ragioni del suo gesto e darle la forza di risvegliarsi. Per la sua prima incursione nella fantascienza, il giapponese Kiyoshi Kurosawa sceglie il romanzo di Rokuro Inui Un giorno perfetto per un plesiosauro e mette in scena una storia d'amore algida ed eterea, proiettata oltre i normali confini di corpo, spazio e tempo. Autore di un cinema sfuggente e impalpabile, sempre teso a rompere i margini del visibile, Kurosawa entra qui in territori prossimi a quelli già sondati da David Cronenberg nel suo eXistenZ (1999) e, sfumati i contorni fra realtà e immaginazione, riflette sul carattere mutevole e illusorio delle immagini — e del cinema tout court, fra scenari che si dissolvono e disegni che prendono vita, con stranianti interferenze di generi che vanno dall'horror al monster movie — finendo per stabilire la definitiva supremazia della mente sul corpo. Messa in scena asettica e controllata per un gioco di specchi che mantiene una discreta efficacia nelle sequenze di sogno e allucinazione, ma che risulta ridondante e macchinoso ogni volta che si fa ritorno alla cosiddetta “realtà”. Il risultato funziona solo in piccola parte.