Shanghai, 1941. Attrice sotto copertura, Jin Yu (Gong Li) lavora in realtà per gli Alleati, in un clima di tensione che rende difficile capire di chi ci si possa fidare. Venuta a conoscenza del piano giapponese per attaccare Pearl Harbor, inizia a mettere in discussione la sua delicata posizione…
Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, il film di Lou Ye è un ambizioso melodramma sostenuto da molteplici intuizioni che guardano a un cinema di stampo classico rivisitato secondo i codici del cinema di azione contemporaneo. La cornice storica, definita in maniera abbastanza superficiale, non sembra essere il focus principale di un’opera che guarda alla fiction pura (come suggerisce il titolo stesso), rifacendosi agli intrighi spionistici dei film anni ’40, aggiornati nello stile e in alcune caratteristiche di scrittura, come la centralità della psicologia dei personaggi. Il risultato è un ibrido curioso ma prolisso, che si perde in una prima parte un po’ autocompiaciuta nella sua pretesa di essere una introduzione di respiro quasi romanzesco. Il rischio di perdersi in una narrazione priva di un forte baricentro è forte, seppur con il passare dei minuti il disegno complessivo prenda una forma coerente e abbastanza personale. La seconda parte, più riuscita, si concentra sul versante action, in cui a dominare sono sparatorie e momenti di discreta presa spettacolare. Un film quindi scisso, dalla doppia personalità, girato in un bianco e nero ben calibrato, secondo uno stile nervoso e vibrante, che stride con l’eleganza dell’atmosfera nel suo insieme, ma che trova una sua ragione d’essere nella parte finale del film, dove alcuni virtuosismi di regia con la camera a mano colpiscono nel segno. Buona prova di Gong Li, presenza magnetica e sensuale.