Cina settentrionale, verso la fine degli anni Venti del Novecento. La giovane Nove Fiori (Gong Li) viene venduta a un vecchio lebbroso proprietario di una distilleria: la ragazza, però, s'innamora di un operaio (Jiang Wen). Quando l'anziano marito muore improvvisamente, Nove Fiori può coronare il suo sogno d'amore, ma i suoi tormenti non sono ancora finiti. Folgorante opera prima di Zhang Yimou, uno dei registi cinesi più importanti a cavallo tra ventesimo e ventunesimo secolo. Si tratta di un melodramma impegnato, che racconta di un mondo (ancora) feudale e patriarcale dove la donna è ridotta a semplice merce di scambio. Tratto dall'omonimo romanzo di Mo Yan, il film colpisce per la grande capacità del suo autore di alternare i registri narrativi più svariati: dal grottesco all'epico, dal malinconico all'avventuroso. L'attenzione verso gli ambienti esterni, però, lo rende una sorta di western anomalo, in cui le praterie americane vengono sostituite con la natura selvaggia e incontaminata della Cina dell'epoca. Il regista sfrutta al meglio il lungo flashback per dare vita a un racconto emozionante, suggestivo e scritto (e diretto) con cura. Primo capitolo di un'ipotetica “tetralogia sulla donna” che Zhang proseguirà con Ju Dou (1990), Lanterne rosse (1991) e La storia di Qiu Ju (1992). Sorprendente, ma meritato, Orso d'oro al Festival di Berlino.