Sciuscià
1946
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
93 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Vittorio De Sica
Attori
Franco Interlenghi
Rinaldo Smordoni
Annielo Mele
Bruno Ortenzi
Emilio Cigoli
Leo Garavaglia
Antonio Carlino
Pasquale (Franco Interlenghi) e Giuseppe (Rinaldo Smordoni), piccoli lustrascarpe nella Roma dell'immediato dopoguerra, necessitano di denaro per acquistare un cavallo e vengono coinvolti a loro insaputa in un traffico di oggetti rubati, finendo in riformatorio. Divisi dall'ambiente carcerario e sobillati da cattive compagnie, iniziano a odiarsi: il tentativo di fuga da parte di Giuseppe farà precipitare gli eventi. Ispirato da due giovani “sciuscià” (dall'inglese shoe shine) incontrati nei pressi di Villa Borghese, Vittorio De Sica segue le orme di Roberto Rossellini (Roma città aperta, 1945; Paisà, 1946) e dirige una mirabile opera neorealista, straordinario affresco sulle miserie, sociali e morali, di un'Italia sventrata dal Secondo conflitto mondiale. La sceneggiatura di Cesare Zavattini, Sergio Amidei, Adolfo Franci e Cesare Giulio Viola si dimostra pienamente conforme alla cosiddetta poetica del pedinamento e mira a identificare la tragedia nel quotidiano, delineando con partecipazione e tenerezza le sofferenze dei minori, da sempre bersaglio primario di un mondo al collasso. A emergere prepotente è il contrasto insanabile tra l'universo infantile, destinato a una desolante perdita dell'innocenza (i piccoli protagonisti sono in perenne balìa di inganni e maneggi, atti a far emergere la presunta verità sui traffici illeciti che li hanno condannati alla prigionia), e un mondo adulto meschino, foriero di corruzione e ipocrisia, che sarà il detonatore primario di un iter degenerativo inarrestabile. Una pellicola indimenticabile ed eticamente ineccepibile, in cui la regia minimale e le scelte stilistiche di grande impatto emozionale (i primi piani che scavano i volti sofferenti dei fanciulli) esaltano per contrasto la drammatica materia di base, regalando una straziante sequenza finale (memorabile il cavallo bianco, metafora di una libertà ormai irraggiungibile). Da incubo la rappresentazione della struttura carceraria, con l'accentuazione quasi espressionista di ombre che simbolizzano la cattiva coscienza delle istituzioni. Oscar onorario come miglior film straniero («L'eccezionale qualità di questo prodotto italiano prova al mondo che lo spirito creativo può trionfare su ogni avversità»).
Maximal Interjector
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