Trainspotting
Trainspotting
1996
Paese
Gran Bretagna
Genere
Drammatico
Durata
94 min.
Formato
Colore
Regista
Danny Boyle
Attori
Ewan McGregor
Robert Carlyle
Ewen Bremner
Jonny Lee Miller
Kelly Macdonald
Kevin McKidd
Peter Mullan
Irvine Welsh
Mike Renton (Ewan McGregor) e i suoi amici trascorrono le proprie giornate in una grigia Edimburgo facendo uso di innumerevoli droghe e tentando (con poco impegno e altrettanto poco successo) di rimediare un lavoro. Un giorno il rissoso Francis (Robert Carlyle) sembra finalmente aver trovato una soluzione per porre fine allo squallore.
Scomodo, amorale e sporco, Trainspotting vuole essere emblematico di un certo tipo di sottocultura giovanile (in questo caso inglese e, per la precisione, scozzese), presentandosi come un'opera di crudo realismo con squarci di inquietante onirismo allucinato. Danny Boyle porta sullo schermo (senza mezze misure) droga e dipendenza, raccontate con occhio cinico e beffardo ma, forse, anche un po' compiaciuto. Il sudicio raccontato senza filtri, una certa violenza che rincorre lo spettacolo, eccessi straripanti e situazioni ai limiti del grottesco fanno da sfondo alle vicende di personaggi divenuti di culto (almeno nei giovani cresciuti in quegli anni). Una girandola fredda e maleodorante, dove la colonna sonora è efficace (Blur, New Order, Iggy Pop, Lou Reed, Underworld) e la sceneggiatura (John Hodge, nominato all'Oscar), basata sull'omonimo romanzo di Irvine Welsh (che compare nel breve ruolo dello spacciatore Mikey), spesso colpisce nel segno. Troppo ridondante, ma capace di raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. Oltre ad essere stato un notevole successo di pubblico, Trainspotting è diventato un'icona britannica (e cinematografica) degli anni '90, incappando in numerose controversie che hanno contribuito solamente ad accrescerne la notorietà. Presentato fuori concorso al Festival di Cannes.
Scomodo, amorale e sporco, Trainspotting vuole essere emblematico di un certo tipo di sottocultura giovanile (in questo caso inglese e, per la precisione, scozzese), presentandosi come un'opera di crudo realismo con squarci di inquietante onirismo allucinato. Danny Boyle porta sullo schermo (senza mezze misure) droga e dipendenza, raccontate con occhio cinico e beffardo ma, forse, anche un po' compiaciuto. Il sudicio raccontato senza filtri, una certa violenza che rincorre lo spettacolo, eccessi straripanti e situazioni ai limiti del grottesco fanno da sfondo alle vicende di personaggi divenuti di culto (almeno nei giovani cresciuti in quegli anni). Una girandola fredda e maleodorante, dove la colonna sonora è efficace (Blur, New Order, Iggy Pop, Lou Reed, Underworld) e la sceneggiatura (John Hodge, nominato all'Oscar), basata sull'omonimo romanzo di Irvine Welsh (che compare nel breve ruolo dello spacciatore Mikey), spesso colpisce nel segno. Troppo ridondante, ma capace di raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. Oltre ad essere stato un notevole successo di pubblico, Trainspotting è diventato un'icona britannica (e cinematografica) degli anni '90, incappando in numerose controversie che hanno contribuito solamente ad accrescerne la notorietà. Presentato fuori concorso al Festival di Cannes.
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