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"Shirkers": Strade Ritrovate, viaggio nella Settima Arte da David Lynch a Bong Joon-ho

Quando avevo 18 anni pensavo che la libertà si trovasse immaginando mondi nuovi, che si dovesse tornare indietro per poter guardare avanti.

Shirkers – Gioventù Svogliata è un documentario (disponibile nel catalogo di Netflix) che narra di una delle storie fantasma che si celano nelle pieghe del cinema mondiale.
Il film è l’autobiografia della regista Sandi Tan: nell’estate del 1992, ancora teenager, scrive e interpreta un piccolo film (lo Shirkers del titolo) per le strade di Singapore assieme alle amiche, sotto la guida di un enigmatico professore di cinema di nome Georges Cardona. Finite le riprese, Georges scompare, portando via con sé le 70 bobine di pellicola e, così, anche una parte della gioventù di Sandi.
Da quel momento per lei inizia un viaggio lungo 25 anni alla ricerca di risposte.

Shirkers ha vinto il Directing Award nella categoria World Cinema Documentary al Sundance Film Festival 2018. Questa storia stranger than fiction affascina non solo per la sua natura straordinaria, ma anche perché sin dall’inizio la regista mostra il footage della pellicola originale recuperata, facendo assumere alla vicenda un significato profondamente metacinematografico. Concepito come un memoir sul making of di un film, Shirkers è uno sguardo malinconico sul passato e, allo stesso tempo, un inno universale alla cinefilia, in cui la regista ibrida il linguaggio classico del documentario a interviste con quello del thriller investigativo.

Questo percorso di formazione, narrato in prima persona dalla regista, viene espresso a livello visivo tramite il montaggio alternato del footage color pastello della pellicola originale - la visione del mondo fanciullesca di se stessa diciottenne - con l’immagine digitale decisamente più arida della Sandi del presente. Per raccontare il suo passato la cineasta, diventata oggi giornalista e critica cinematografica, utilizza la storia che conosce meglio, quella della Settima Arte.

La reinterpretazione della sua vita è, infatti, un insieme di citazioni di film che si influenzano e si sovrappongono: dalla ribellione della Nouvelle Vague alle visioni oniriche di David Lynch, dalle indagini alla Blow Up all’incubo di Nosferatu.
Le interviste alla troupe dello Shirkers originale, tra i momenti più sinceri e toccanti del documentario, diventano per Sandi delle vere e proprie sedute di psicoanalisi: se la prima parte si focalizza sul behind the scenes del film nel film, nella seconda l’attenzione si sposta sulla rimozione del trauma del “fantasma” di Georges Cardona, il mystery man che così tanto aveva creduto nel suo talento e che, inspiegabilmente, le aveva strappato il sogno di fare cinema.
Sandi assume il ruolo di detective per capire chi fosse realmente quest’uomo e scopre che Georges non era altro che un ladro di storie altrui, che faceva proprie per crearsi delle nuove identità; raccontava di essere stato l’ispirazione per il protagonista di Sesso, Bugie e Videotape e fingeva di essere il Michel di Fino all’ultimo respiro. Proprio come Sandi, Georges cercava un rifugio nei personaggi del grande schermo, ma tra i tanti ruoli da interpretare aveva scelto quello del villain. Questo coming-of-age movie culmina con l’emozionante scena del ritrovamento delle 70 bobine del film oggetto del documentario, incredibilmente prive di sonoro.
Questo viaggio metaforico nella storia della Settima Arte si conclude, quindi, con un ritorno alle origini del cinema, quando le prime pellicole mute trasportavano gli spettatori in luoghi lontani ed esotici. Non sapremo mai quale sarebbe stato l’esito di Shirkers se fosse stato completato, ma le immagini suggestive di questo piccolo film girato in 16 mm rimangono oggi un’importante testimonianza storica della Singapore rurale e opprimente degli anni Novanta, in cui persino piccoli gesti come masticare la gomma erano vietati.

Curioso come uno dei tanti mondi fantastici vissuti dalla Sandi adolescente, quello in cui si fingeva regista e rilasciava interviste immaginarie, si sia tramutato in realtà dopo l’uscita del documentario. Di recente Sandi Tan ha intervistato un’altra anima cinefila, quella del regista Bong Joon-ho, in uno speciale pubblicato su Vanity Fair.

Durante questo scambio il regista sudcoreano, aprendosi in modo intimo e personale come mai aveva fatto prima, confessa di soffrire di ansia cronica e rivela come il cinema sia per lui l’unica terapia efficace, proprio come per Sandi Tan la realizzazione di Shirkers è stata l’unica forma di espiazione possibile dai fantasmi del suo passato. Il cinema crea infinite strade di sogni che a volte possono svanire crudelmente, ma che la vita può restituire in modi inaspettati.

Cristina Caleffi

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