La sedicenne Suzanne (Sandrine Bonnaire), abbandonato il suo primo amore Luc (Cyr Boitard), comincia ad andare a letto con diversi uomini. Intanto la sua situazione familiare declina: il padre (Maurice Pialat) se ne va di casa lasciandola con la madre (Evelyne Ker) e il fratello possessivo (Jacques Fieschi), con i quali però non va d'accordo. Ultima sceneggiatura di Pialat scritta insieme all'ex compagna Arlette Langmann (in seguito autrice per Philippe Garrel), Ai nostri amori segna l'incredibile esordio sul grande schermo di Sandrine Bonnaire, a cui il regista affida uno dei ruoli più ricordati ed emblematici della sua filmografia. Più attratta dalla sensualità – estetica, figurativa, come quella dei nudi di Pierre Bonnard – che dall'amore vero, Suzanne è conscia del potere della sua bellezza («prego, è gratis» risponde a uno dei suoi amanti) ma non è in grado di trovare se stessa né la felicità, data la sua giovinezza e il distacco dal padre, interpretato proprio da Pialat. Da molti considerato il Cassavetes francese, il regista parte dalla messa in scena di uno spettacolo teatrale del romantico De Musset per poi gettare via ogni sentimentalismo, calpestandolo di amare sentenze e violenze familiari. Lacerazioni temporali ed emotive nel montaggio e nella scrittura contribuiscono al complesso ritratto di un ambiente piccolo borghese corrotto moralisticamente dalla noia e dal denaro. Più che da ogni motivazione drammatica, Pialat si lascia guidare dall'istinto e dall'improvvisazione impulsiva, come in una delle ultime scene, in cui il suo ingresso non fu assolutamente preparato e conservò le reali reazioni degli attori coinvolti. Punteggiato dall'aria più celebre dell'opera King Arthur di Henry Purcell, Ai nostri amori racchiude formalmente la grazia e la dannazione della sua eroina. Notevole. Premi César 1984 come miglior film e migliore attrice protagonista.