Constatando che nella sua lunga permanenza lavorativa negli Stati Uniti era stato anch'egli un immigrato, sia pure regolare e privilegiato, Louis Malle si arma di macchina da presa e percorre gli USA in cerca di storie di integrazione, riuscita o mancata, tanto di gente comune (dai rifugiati in arrivo al JFK a chi cerca di passare il confine messicano) quanto di personaggi celebri. Tra questi ultimi vengono dedicate interviste all'attore Boris Leskin, all'astronauta Franklin Chang Diaz, al poeta Derek Walcott e al controverso Anastasio Samosa Portocarrero. Il celebre assunto tratto dalla Dichiarazione di Indipendenza fa da titolo all'ultima fatica documentaria del regista che cerca, con il suo stile fluido e la propria partecipazione diretta nella relazione umana con gli intervistati, di rendere la complessità, le ombre, i paradossi e gli esempi paradigmatici del complesso melting pot razziale del Nord America. L'eccesso di generosità nel voler toccare moltissimi argomenti rende dispersivo il trattamento della tematica; inoltre, per una volta, a Malle non riesce bene il distacco oggettivo che aveva reso estremamente stimolanti per lo spettatore alcuni dei precedenti lavori di reportage. Forse perché è scontata l'adesione del pubblico (almeno occidentale) al diritto di ricerca della felicità e del sogno sul suolo americano; con il rischio, però, di un'eccessiva semplificazione, anche a scapito dell'intervento in prima persona dell'autore, comunque encomiabile nel suo progetto per un “cinema verità” impegnato ma senza pedanteria. Realizzato per la tv e circolato per anni soprattutto in cassetta, è reperibile anche con i titolo …E la ricerca della felicità e La ricerca della felicità.