Lily (Odessa Young) è una liceale che, come quasi tutti i suoi amici, passa la maggior parte del tempo a chattare, fare selfie e pubblicare video di dubbio gusto sui social. Quando un anonimo hacker inizia a postare dettagli sulla vita privata degli abitanti della cittadina di Salem, si scatena una vera e propria follia omicida.
Non è certamente un caso che il secondo lungometraggio di Sam Levinson sia ambientato a Salem, città del Massachusetts resa nota dal celebre processo alle streghe del 1692. Non è neanche un caso che il film parli di isteria collettiva (proprio come per il fatto storico di cui sopra), collegandosi però alla contemporaneità da social network, smartphone sempre in mano e foto (o video) da postare costantemente sui propri profili. Ragiona proprio su tale “follia” questo potente e inquietante film sugli Stati Uniti di oggi (e non solo), alla continua ricerca di un capro espiatorio a cui dare la colpa di tutto ciò che accade. È un film estremo Assassination Nation, che gioca sull’accumulo di violenze, volgarità, immagini e suoni: a volte la sceneggiatura e la regia eccedono, ma per buona parte della visione lo stile è accattivante al punto giusto, del tutto coerente con quanto racconta e forte di alcune sequenze da pelle d’oca (la lunga inquadratura dell’attacco alla casa dove sono le ragazze è in tal senso magistrale). Notevole per originalità e coinvolgimento, il film ha una cornice da ricordare, tra un incipit di forte presa emotiva e politica e dei titoli di coda che ancora dicono molto sulla critica alla società (dello spettacolo?) americana che Levinson vuole proporre.