Baby Invasion
Baby Invasion
2024
Paese
Usa
Genere
Sperimentale
Durata
80 min.
Formato
Colore
Regista
Harmony Korine
Uscito sul deep web a lavorazione non ancora ultimata, il videogioco FPS (first-person shooter) Baby Invasion diventa un pericoloso modello di tendenza tra i giovani. Il confine tra reale e virtuale, in un crescendo quasi apocalittico, si fa sempre più labile.
A un anno dalla provocatoria e lisergica sperimentazione post-cinema di AGGRO DR1FT, Harmony Korine torna a Venezia con una nuova opera che traccia la via, in maniera definita e consapevole, di un percorso oltre i confini della Settima arte. Korine si dimostra ancora una volta un attento osservatore della contemporaneità, deformando a suo piacere il senso stesso della visione cinematografica e forzando l'esperienza audiovisiva verso confini inesplorati. Una sperimentazione del linguaggio, la sua, esasperata e, per certi versi esasperante, con l'obiettivo dichiarato di dare vita a forme d'arte sempre più immersive. Tra provocazione e autentica genialità, Baby Invasion è un martellante e a tratti agghiacciante spaccato del buco nero in cui rischia di cadere un mondo sempre sull'orlo dell'abisso (geniale, in tal senso, la rappresentazione dei blackout dei server come tetro presagio di morte), frutto del lavoro della creative and technology company EDGLRD (si legge Edge Lord), fondata dallo stesso Korine nel 2023, sorta di collettivo multimediale che ingloba cinema, animazione, video games, designer toys, skateboarding e fashion. Reale e virtuale si confondono, gli attori diventano spettrali agenti del caos alterati dall'AI che hanno ragione d'essere solo attraverso uno schermo, ripresi dalla lente deformante delle soggettive delle GoPro. Non è un film, non è un videogioco, è la rappresentazione digitale di un inquietante presente frammentato e ricomposto che si ripete fino al game over. Come nel film precedente, la voce fuori campo diventa un'ossessiva e ridondante presenza che ripete come mantra sotto effetto di sostanze allucinogene brandelli di una narrazione oscura. Il sogno (americano) è, ormai, un incubo che può trovare una parvenza di senso solo attraverso l'intervento "divino". Molto più modaiolo che rivoluzionario, ça va sans dire, ma che bello stare al gioco.
A un anno dalla provocatoria e lisergica sperimentazione post-cinema di AGGRO DR1FT, Harmony Korine torna a Venezia con una nuova opera che traccia la via, in maniera definita e consapevole, di un percorso oltre i confini della Settima arte. Korine si dimostra ancora una volta un attento osservatore della contemporaneità, deformando a suo piacere il senso stesso della visione cinematografica e forzando l'esperienza audiovisiva verso confini inesplorati. Una sperimentazione del linguaggio, la sua, esasperata e, per certi versi esasperante, con l'obiettivo dichiarato di dare vita a forme d'arte sempre più immersive. Tra provocazione e autentica genialità, Baby Invasion è un martellante e a tratti agghiacciante spaccato del buco nero in cui rischia di cadere un mondo sempre sull'orlo dell'abisso (geniale, in tal senso, la rappresentazione dei blackout dei server come tetro presagio di morte), frutto del lavoro della creative and technology company EDGLRD (si legge Edge Lord), fondata dallo stesso Korine nel 2023, sorta di collettivo multimediale che ingloba cinema, animazione, video games, designer toys, skateboarding e fashion. Reale e virtuale si confondono, gli attori diventano spettrali agenti del caos alterati dall'AI che hanno ragione d'essere solo attraverso uno schermo, ripresi dalla lente deformante delle soggettive delle GoPro. Non è un film, non è un videogioco, è la rappresentazione digitale di un inquietante presente frammentato e ricomposto che si ripete fino al game over. Come nel film precedente, la voce fuori campo diventa un'ossessiva e ridondante presenza che ripete come mantra sotto effetto di sostanze allucinogene brandelli di una narrazione oscura. Il sogno (americano) è, ormai, un incubo che può trovare una parvenza di senso solo attraverso l'intervento "divino". Molto più modaiolo che rivoluzionario, ça va sans dire, ma che bello stare al gioco.
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