Bob Roberts (Tim Robbins) è un musicista country, ma fa anche l'imprenditore. Come se non bastasse, decide di intraprendere una carriera politica, presentandosi alle elezioni per il Senato contro il candidato democratico e diventando in breve tempo un idolo degli elettori conservatori grazie alla sua capacità di stare sul palco. Ma si mette in mezzo ad affari poco puliti e qualcuno proverà a dargli filo da torcere e a smascherarlo. Opera prima dietro la macchina da presa per Tim Robbins, Bob Roberts racconta la corsa politica di un personaggio arrivista e ipocrita, tanto ambiguo quanto spassoso. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del 45º Festival di Cannes, è un lavoro confezionato discretamente, con un buon cast e ottimi dialoghi, che danno il giusto brio alle vicende. Pur scegliendo di muoversi nel range della commedia, il regista non manca di utilizzare venature drammatiche, esaltate da un taglio documentaristico che attualizza e rende reale il discorso sul marcio in politica. Una pellicola forte e schietta, in cui la satira rischia però di finire sopra le righe in alcuni passaggi eccessivamente forzati. La costruzione narrativa, attraverso lo stile di un classico mockumentary (finte interviste, finti telegiornali, finte immagini di repertorio, finte clip), ricalca il dualismo realtà-finzione: la manipolazione dell'informazione attraverso i mezzi di comunicazione, così, diventa mezzo e messaggio, scelta intelligente per dare originalità a temi non propriamente nuovi.