Nel mezzo della Seconda guerra mondiale, un gruppo di aviatori statunitensi si trova in crisi psicofisica a causa dello sforzo immane causato dal conflitto. Il comandante Frank (Gregory Peck), adottando il pugno di ferro, cerca di ristabilire l'ordine riportando i soldati al massimo dell'efficienza. Andrà tutto per il meglio, ma un collasso di nervi colpirà anche il severo ufficiale. Basato su un romanzo di Beirne Lay Jr. e Sy Bartlett, autori anche della sceneggiatura, Cielo di fuoco è un lavoro coraggioso e stimolante, capace di mostrare un volto della guerra troppe volte celato. Henry King si diverte a usare il suo talento visivo per ricostruire strepitose sequenze aeree, ma il tutto ha un duplice fine. Ciò che, infatti, interessa davvero al regista non è soltanto stimolare lo sguardo dello spettatore, ma anche raccontare il disagio psicologico in cui, prima o poi, incappano tutti i suoi personaggi: la guerra strazia i corpi, è vero, ma soprattutto strazia l'anima. Per sottolineare questo aspetto, King decide di far vibrare nell'aria la sua macchina da presa, riuscendo a coreografare un racconto di grandissimo impatto spettacolare e dallo straordinario respiro psicologico, ancora oggi capace di stupire e meravigliare. Supportato da un'ottima struttura narrativa, priva di cali, e da interpretazioni degne di nota (Gregory Peck, nominato all'Oscar, è perfetto), King firma uno dei suoi migliori film, mostrando la guerra da un'angolazione che nessuno, in precedenza, aveva messo in risalto in questo modo. Fotografia di Leon Shamroy, colonna sonora di Alfred Newman.